Ogni giorno nel mondo si scattano decine di milioni di selfie, forse centinaia di milioni, di solito con uno smartphone tenuto a distanza di un braccio. Certamente molti di voi l'hanno fatto, e poi riguardandovi, non vi siete proprio del tutto riconosciuti. Succede perché la fotocamera è molto vicina: per quanto evoluti siano i software fotografici, la vicinanza tende a rendere il naso più largo, le orecchie più piccole, la fronte più sfuggente.
Partendo dallo studio di nuove tecniche di elaborazione delle immagini digitali, ricercatori della Princeton University hanno sviluppato un metodo semplice e di notevole effetto per compensare quei normali difetti dei selfie. Si tratta di un'elaborazione dinamica (e quasi del tutto automatica) dell'immagine del volto attraverso piccole alterazioni basate su modelli di elaborazione 3D del volto e della testa: il risultato è simile a quello che si avrebbe se la fotografia fosse stata scattata da una distanza leggermente superiore e da un'angolazione differente.
«L'evoluzione ci ha portati a essere molto sensibili ai segnali espressivi, e i difetti o anche piccole differenze rispetto a ciò che conosciamo saltano subito all'occhio. Con il nostro metodo», afferma Adam Finkelstein, uno dei ricercatori, «le modifiche sono molto realistiche: noi per primi siamo rimasti sorpresi dalla fedeltà del risultato ottenuto partendo da una singola immagine.»
Il metodo non è ancora una app per smartphone ma si può provare in anteprima in questa pagina della Princeton, dove si trovano demo (con selfie precaricati), il link alla pagina del progetto di studio alla base di questa applicazione e, da qualche giorno, si può provare direttamente con un proprio selfie.
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