Un giurato ha violato con un tweet il segreto imposto dal giudice, invalidando il processo che aveva fatto condannare Erickson Dimas-Martinez all'iniezione letale per rapina e omicidio. È successo negli Stati Uniti.
“Il verdetto in 140 caratteri è stato davvero decisivo”
"È finita"- "Il caffè fa schifo", annuncia il giurato Randy Franco. Non ai suoi compagni ma al mondo intero, grazie a Twitter. Basta un telefono per comunicare i propri pensieri, ovunque ti trovi: anche nell'aula di un tribunale, volendo. Violando le regole. Franco si difende affermando di non avere fatto niente di male – in fondo non è quello che facciamo tutti, twittare?
Nuova era - Gli smartphone permetterebbero ai giurati non solo di comunicare con l'esterno, ma anche di venire influenzati, per esempio, dalla lettura dei quotidiani online e delle opinioni del pubblico sugli eventi sui quali sono chiamati a decidere. Un passo enorme - in avanti o all'indietro? - che non potrà che influenzare in qualche modo lo svolgimento dei processi. Le proposte di vietare o, quantomeno, limitare l'utilizzo di telefoni cellulari iniziano a fioccare.
...e vecchi vizi - Gli avvocati della difesa sono riusciti a salvare l'accusato non solo a causa dei tweet incriminati: pare infatti che alcuni dei giurati, forse per la noia dei loro vecchi telefoni senza collegamento a internet, si siano addormentati durante la discussione del caso. Il dilemma sulla pena di morte si arricchisce di un'ulteriore domanda. Chissà cosa ne pensano, al riguardo, su Twitter?
Chiara Reali
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