Immaginate di entrare in un negozio dove non siete mai stati prima: un commesso vi dà il benvenuto chiamandovi per nome e in sottofondo parte la vostra musica preferita. Mentre passeggiate tra gli scaffali vi accorgete che i prodotti che state tenendo d’occhio da un po’ di tempo sono in vendita a prezzi promozionali, mentre i display informativi sparsi un po’ ovunque vi mostrano offerte davvero appetibili e in linea con i vostri gusti.
Sembra quasi che lì tutti sappiano tutto di voi e vi abbiano preparato una sessione di acquisti assolutamente irresistibile. Possibile?
Si chiama “facial recognition”, riconoscimento facciale, ed è l’ultima frontiera delle tecnologie per lo shopping, che ripropone nel mondo reale le tecniche di marketing comportamentale così ben collaudate nel mondo dell’e-commerce e dei servizi online.
Mettici la faccia. L’idea alla base di questi sistemi è semplice e si fonda sull’identificazione dei clienti che entrano nel punto vendita: i loro volti vengono ripresi dalle telecamere dislocate all’interno del negozio e vengono riconosciuti a partire dai tratti somatici.
In questo modo chi gestisce l’attività può sapere con precisione ogni quanto tempo ci rechiamo a fare shopping, che cosa acquistiamo, in quali reparti ci fermiamo più a lungo e come interagiamo con le diverse offerte. Il tutto quasi sempre a nostra insaputa e senza bisogno di carte fedeltà.
La nostra faccia diventa insomma la versione offline del cookie, il piccolo file utilizzato dai siti web per profilare gli utenti e scoprire informazioni sui loro interessi, gusti e preferenze.
Dall’anti terrorismo... Le tecnologie per il riconoscimento facciale non sono una novità: già da diversi anni sono impiegate in aeroporti e stazioni per la gestione della sicurezza.
Questi sistemi, composti da telecamere ad alta risoluzione e speciali software per il riconoscimento dei tratti somatici, sono in grado di identificare i volti sospetti e di segnalarli agli agenti sul campo, che possono così intervenire per i controlli.
Più recentemente questi sistemi sono stati adottati da casinò e aziende della grande distribuzione, che li utilizzano per identificare bari, truffatori e taccheggiatori non appena varcano la soglia, prima che possano colpire.
Un esempio sono gli ultimi negozi aperti da Saks Fifth Avenue, una catena d’Oltreoceano specializzata in prodotti di lusso, che ha investito somme considerevoli in queste tecnologie per cercare di ridurre i numerosi furti.
Si stima che il 59% dei negozi di abbigliamento del Regno Unito utilizzino il riconoscimento facciale a fini di marketing.
Un utilizzo particolarmente interessante è quello di scattare una foto ai clienti, collegarsi a un software online che ne stimi l'eta e poi trasmettere le canzoni che corrispondono - presumibilmente - al periodo in cui questi erano adolescenti, innescando così un momento di piacevolezza che potrebbe favorire gli acquisti.
... al buono sconto. La possibilità di sapere chi entra in negozio e di conoscerne comportamenti, gusti e preferenze, per il marketing è una tentazione irresistibile, e così le tecnologie per il riconoscimento facciale sono ormai impiegate in diversi ambiti a fini commerciali.
Molti hotel di lusso, per esempio, utilizzano il facial recognition per identificare chi entra nella struttura e visualizzare così la relativa scheda sul terminale alla reception. In questo modo è possibile sapere tutto sul cliente, quali extra ha acquistato l’ultima volta, se si è lamentato per qualcosa, se ha allergie alimentari o se predilige una specifica tipologia di camera.
Applicazioni ancora più evolute permettono, sempre a partire dai tratti somatici, di segmentare i clienti di un punto vendita per razza, sesso ed età in modo da proporre a ciascuno le offerte più idonee e convincenti.
Ma chi glielo dice? Il vero punto di forza di queste tecnologie è quello di riuscire a colmare il divario tra mondo reale e mondo virtuale. Permettono cioè al gestore di un punto vendita di sapere che quel cliente, appena entrato in negozio, nelle settimane precedenti ha guardato più volte un certo paio di scarpe sul sito, che ha scaricato un buono sconto o che ha mandato una mail per chiedere informazioni al servizio clienti.
Tutte queste informazioni, da dove arrivano?
Anche se non ce ne accorgiamo - e anche se queste tecnologie sembrano una inaccettabile violazione della privacy - siamo proprio noi a raccontare alle aziende tutto ciò che vogliono sapere.
Niente è gratis. Per esempio, quando ci iscriviamo alle loro newsletter specificando gusti e preferenze in cambio di un buono sconto. O quando ci registriamo ai loro siti utilizzando Facebook, e accettando così di condividere e rendere disponibili molte altre informazioni relative ai nostri interessi e alla nostra vita. Foto del profilo compresa.
O, ancora, quando decidiamo di utilizzare la rete wi-fi di un centro commerciale, ma per farlo dobbiamo effettuare una procedura di login utilizzando un account social. Quante informazioni su di noi accettiamo di condividere in quel momento?
Ti piace la promo? Ci si può spingere ancora più in là: NEC, in collaborazione con la californiana Face First, ha sviluppato un sistema che permette di analizzare le espressioni facciali dei clienti all’interno del negozio per vedere come reagiscono alle promozioni quando sono davanti agli scaffali, o come il layout del punto vendita possa influire sugli spostamenti tra le corsie e, in ultima analisi, sul fatturato.
Scaffale curioso. Mondelez International, una multinazionale del settore alimentare, sta lavorando da tempo a scaffali intelligenti, capaci di riconoscere chi preleva i prodotti - e quindi mostrare loro messaggi personalizzati.
Il cliente abituale e fedele alla marca potrà ricevere per esempio un QR code con un buono sconto per provare un nuovo prodotto, mentre quello saltuario potrà essere informato sui pregi di ciò che ha appena acquistato.
La pubblicità che ti guarda. Tony Stockil, consulente di Javelin Group, ha raccontato alla BBC del successo ottenuto un paio di anni fa da un negozio tedesco situato all’interno di una stazione ferroviaria.
Il gestore del punto vendita aveva messo davanti alla propria vetrina uno schermo intelligente, in grado di riconoscere gli uomini tra i 30 e 60 anni e ricordare loro che l’indomani sarebbe stato San Valentino.
Le implicazioni di queste tecnologie sulla privacy sono evidenti: come riporta il Corriere della Sera, il Garante per la Privacy ha recentemente chiesto spiegazioni a un’azienda italiana sul funzionamento di alcune colonnine pubblicitarie attive alla Stazione Centrale di Milano.
Questi apparecchi sono infatti dotati di un software in grado di riconoscere sesso, età e grado di attenzione di chi guarda gli spot proiettati sullo schermo. Il tutto senza fornire alcun tipo di informazione agli ignari passeggeri che ogni giorno transitano davanti a questi totem multimediali.