Secondo Technology Review, la rivista del MIT di Boston, sta emergendo un nuovo tipo di lavoro, che è un po’ come un "imbalsamatore" di vite digitali. Un lavoro in apparenza bizzarro, che però potrebbe rivelarsi una delle professioni più innovative del futuro: Annette Adamska, con la sua società Back Up Your Life (che, alla lettera, significa qualcosa come fa' una copia di sicurezza della tua vita) si è infatti specializzata sulla preparazione delle persone, in particolare nelle loro "vite digitali", per il giorno in cui non potranno più parlare, per questioni di salute o per un decesso improvviso.
Il lavoro comincia con un’intervista, che serve a mettere nero su bianco tutto ciò che la persona vuole che sia documentato, archiviato e condiviso. «Se sono uno scrittore, dove conservo i miei testi? Cosa succede se ho abbonamenti o prelievi automatici?», si chiede Adamska.
Prima di tutto il colloquio. Non solo. Back Up Your Life prevede piani per gestire account di social-media, iscrizioni online, archiviazione password, pagamenti ricorrenti e tutto quello che può far parte della nostra vita digitale, e di cui spesso sottovalutiamo la portata. I costi partono dai 345 dollari e il piano base prevede la valutazione della propria situazione e un colloquio personale (di persona o virtuale). «È importante che altre persone nella vostra vita possano accedere a questi servizi e sappiano come volete che siano gestiti», sostiene la creatrice di Back Up Your Life.
La gestione della nostra vita digitale dopo di noi attiene agli aspetti più vari: si va dalle piccole cose, apparentemente insignificanti, come per esempio le impostazioni sulla notifica del nostro compleanno sui social network a questioni più importanti e concrete che riguardano soprattutto coloro che, attraverso Internet, fanno affari, per esempio attraverso l'ecommerce: che ne sarà della presenza online dell'attività? Il sito e la pagina Facebook dovranno continuare a esistere? Chi dovrà amministrarli?
I giovani ci pensano di più. Per quanto possa suonare strano, pare che di questi temi i giovani si preoccupino più degli anziani, visto che la maggior parte dei clienti di Adamska ha un'età compresa tra i 30 e i 40 anni. «Aiuto i miei clienti con una strategia generale e lavoro con loro per creare un piano d'azione personalizzato su ciò che devono fare per lasciare indicazioni agli altri0», spiega.
E la privacy? Come ci si comporta in fase di testamento digitale? È necessario fornire le nostre password a uno sconosciuto? «I clienti non necessariamente mi forniscono la loro password o informazioni riservate sui loro account», risponde Adamska.
I dati sensibili, si legge nelle caratteristiche del servizio, sono infatti custoditi al sicuro su una piattaforma online terza, che in caso di necessità li renderà accessibili alle persone designate per tempo.
Il primo di tanti? Secondo Technology Review, Back Up Your Life potrebbe essere solo l'apripista per altri servizi analoghi: del resto sono già trascorsi 15 anni da quando esistono i social network (Facebook è nato ufficialmente nel 2004) e dunque è prevedibile che le persone che si pongono il problema del "dopo" inizieranno a essere sempre più numerose. E la conferma che si tratti di un tema davvero sentito viene indirettamente anche da Google, che non per nulla fin dal 2013 prevede un piano di gestione dell’account Google in caso di inattività per un lungo periodo: “Stabilisci quando Google dovrà considerare inattivo il tuo account e come dovrà gestire i tuoi dati in seguito. Puoi condividere i dati con persone di cui ti fidi o chiedere a Google di eliminarli”, si legge tra le istruzioni per l'uso.
Forse c’è una nuova consapevolezza di quanta parte della nostra vita sia custodita nei profili che abbiamo attivato in Rete. In passato nessuno ci pensava, lo dimostra il fatto che nel 2010 il sito Mashable aveva pubblicato, sì, un articolo con le 7 Risorse per la gestione della vita digitale dopo la morte; ma la maggior parte di quei progetti descritti all'epoca non hanno avuto successo: di molti di essi non esiste più neppure il sito. Forse il mondo non era ancora pronto a fare testamento digitale...