di Peppe Croce
Il social network professionale dedicato alle aziende e al business si sta trasformando in un contenitore di informazioni e notizie. E adesso anche di opinioni dei Vip.
"Al momento solo pochi personaggi famosi possono aprire un blog su LinkedIn"
Linked-blog -
il fondatore di Virgin Richard Branson
Oltre Today - L'apertura dei blog segue di poco l'ultimo cambiamento della home page che adesso offre molto spazio alle notizie selezionate dalla redazione di Linkedin Today. Sempre nella home, oltre alle news, sono finiti i link alle notizie pubblicate dai tuoi contatti che, però, salvo rarissimi casi puntano sempre a siti esterni. Trasformando, così, Linkedin in una sorta di Linked-out che regala visitatori ai siti di news. E questo non va bene, in un'ottica di mantenimento sul sito degli utenti per il maggior tempo possibile.
La mancanza di Twitter - La presenza di post interni a Twitter scritti da VIP dell'economia mondiale dovrebbe portare a due buoni risultati per LinkedIn: non fare uscire dal sito gli utenti e, se possibile, farne entrare altri da fuori. Se Obama scrive un bel post è assai probabile che i siti di news lo linkino perché il presidente fa sempre notizia. Ed è anche probabile che Romney scelga proprio LinkedIn per rispondergli portando altri lettori nello stesso modo. Tutto ciò, nei desideri di LinkedIn, dovrebbe sopperire all'enorme flusso di informazioni perso quando Twitter ha deciso di scollegare il suo stream dai siti esterni. Linkedin, insomma, ha fatto uno strappo alle sue stesse regole: i blog dei VIP si possono seguire anche se gli autori non sono tra i propri contatti.
Content Marketing - Anche LinkedIn, quindi, cede alle logiche del Content Marketing: le aziende si trasformano in piccole case editrici e pubblicano articoli selezionati e interessanti per portare lettori/utenti sul proprio sito. Se con LinkedIn Today si era fatta una scelta "dall'alto al basso", con i blog "firmati" si sceglie la strada opposta: gli autori sono selezionati, è vero, ma non c'è controllo editoriale da parte di una redazione su quello che scrivono.
Il brand, prima di tutto - I passi che sta compiendo LinkedIn negli ultimi mesi sono senza dubbio coraggiosi. L'azienda ha capito che farsi tentare dalle conversazioni sui gattini in stile Facebook non era la strada giusta per un network che punta tutto su profili (e condotte) professionali. Come non era possibile neanche trasformarlo in un "news hub" per le redazioni giornalistiche, come sta cercando di fare Twitter.
Sulla strada tra LinkedIn e un rinnovato successo c'è solo Google Plus che, proprio come LinkedIn, si presenta come uno strumento utile a potenziare il proprio brand, anche personale nel caso dei liberi professionisti e dei freelance. Il confronto, a livello dei mezzi a disposizione, è assolutamente impari ma se LinkedIn lavorerà bene potrà ritagliarsi una fetta del mercato non certo enorme ma molto selezionata. Proprio ciò che cerca chi vende pubblicità. (sp)