Una donna americana 37enne è stata licenziata dopo essere stata beccata essere l'autrice di un blog piccante. La donna lavorava in una organizzazione no-profit, ma nel tempo libero si dilettava nella cura del blog, preoccupandosi di tenere ben separate le due attività, ossia mantenendo l'anonimato sul blog. Quando ha scelto di iscriversi a Twitter, ha però inserito il suo vero nome, pensando erroneamente che sarebbe rimasto nascosto e lo ha subito rimosso non appena ha notato che era pubblicamente visibile nella sua pagina Twitter personale. Peccato che Topsy, motore di ricerca per tweet, fosse già passato di lì e che a volte non aggiorni la cache così spesso da riprodurre le modifiche/cancellazioni apportate. Il direttore della no-profit ha licenziato in tronco la dipendente, sostenendo che non voleva in nessun modo che l'organizzazione fosse collegata al tipo di contenuti prodotti dalla dipendente.
Al di là della singola situazione, nella vicenda è primario il problema dell'utilizzo di dati di Social Network da applicazioni di terze parti, problema già discusso riguardo alla nuova policy di Facebook su tale utilizzo. Non importa di quanto siamo svelti a cancellare o modificare dati che abbiamo immesso noi stessi, un qualsiasi motore di ricerca o bot potrebbe averli già conservati e pubblicati altrove.
Un'importante punto di riferimento italiano per la reputazione online è DigitalReputation. (ndr)