Avete presente quel senso di ansia e insoddisfazione derivante dall’avere email non lette che ci aspettano nella casella della Posta in Arrivo? O la frustrazione che si prova quando qualcuno fraintende ciò che abbiamo scritto? Ebbene, è un problema più comune di quel che si possa pensare.
Il tema è stato recentemente affrontato in chiave scientifica da Jocelyn K. Glei, una giornalista e scrittrice americana che si occupa di mondo del lavoro, creatività e carriera. Nel suo ultimo libro Unsubscribe: How to Kill Email Anxiety, Avoid Distractions, and Get Real Work Done, l’autrice analizza le ragioni all’origine dell'ansia da posta elettronica.
Siamo come topi. Uno studio di psicologia datato 1930 evidenzia come i ratti da laboratorio siano molto più motivati dal ricevere ricompense casuali (spingere una leva e, a volte, ricevere del cibo) piuttosto che premi certi a scadenza fissa (spingere la leva 100 volte per ottenere il cibo).
Per certi versi l’e-mail sfrutta un meccanismo simile. Quando apriamo la nostra Inbox non sappiamo che cosa ci troveremo dentro: spesso si tratta di scocciature o problemi di lavoro, ma una volta ogni tanto capita anche qualcosa di bello, la nostra ricompensa. E questo innesca un meccanismo di dipendenza dal quale può essere difficile liberarsi.
Missione compiuta. Quanto ci sentiamo bene quando abbiamo completato un compito o terminato un lavoro? Dipende tutto dal nostro cervello, che al raggiungimento di un obiettivo, per esempio rispondere a tutte le email, rilascia dopamina.
Ma svuotare completamente la casella di posta elettronica è praticamente impossibile, perchè i messaggi arrivano di continuo. Man mano che smaltiamo le email in giacenza abbiamo la sensazione di avvicinarci all’obiettivo e alla conseguente sensazione di felicità legata al rilascio di dopamina. Ma un nuovo messaggio è già in attesa di spostare il nostro target ancora un po’ più in là.
Risposta obbligata. Diversi studi dimostrano come gli esseri umani siano inclini alla regola della reciprocità, vogliamo cioè rispondere a un’azione positiva nei nostri confronti con un’altra azione positiva. E così quando qualcuno ci manda un email ci sentiamo obbligati a rispondere.
Quante volte qualcuno ci ha inviato un articolo di giornale e noi abbiamo risposto “grazie, lo leggerò” senza poi dare mai seguito alla promessa? E quante volte abbiamo scritto banalità al nostro capo in risposta a e-mail per le quali in realtà non era richiesto alcun feedback?
Tutto questo, come è facilmente intuibile, contribuisce a creare ansia e stress e influisce negativamente sul nostro lavoro, sulle relazioni sociali, sul nostro benessere generale.
La soluzione c'è. Si può uscire da questo circolo? Secondo la Glei sì, utilizzando alcuni semplici accorgimenti. Per esempio non controllando la posta ogni 5 minuti ma comprimendo la gestione dell’email in 2 o 3 momenti fissi durante la giornata. E utilizzando schemi predefiniti per rispondere alle email invece che dover pensare risposte personalizzate per ogni messaggio.
E poi delegando (nel caso della posta elettronica del lavoro): secondo la Glei difficilmente il nostro contributo attivo è indispensabile in tutte le questioni che ci vengono sottoposte per email. A volte chiedere di essere esclusi da una discussione per posta elettronica può cambiarci (in meglio la giornata).