Internet e i social network sono stati fondamentali per organizzare e coordinare la rivolta in Egitto. Non è stato facile comunicare nel periodo di “blackout” della Rete, ma alcuni hacker egiziani sono riusciti a trovare un accesso e continuare la loro battaglia online.
“Gli hacker nei giorni di blackout della rete sono riusciti a usare l’accesso a Internet”
Difendere il fortino hi-tech - La protesta contro il regime di Muhammad Hosni Mubarak, in carica da 30 anni, è scoppiato martedì 25 gennaio quando alcuni manifestanti hanno iniziato a scendere nelle strade de Il Cairo e altre città per far sentire il proprio dissenso. I social network come Facebook e Twitter sono stati fondamentali per coordinare l'azione e organizzare la rivolta. Il resto è storia di questi giorni con scontri che si estendono a macchia d’olio in tutto in paese e che hanno portato a centinaia di morti e migliaia di feriti. Internet, ma in generale tutte le nuove tecnologie, giocano un ruolo fondamentale negli scontri: le autorità cercano di bloccare le comunicazioni e la diffusione di materiale “non autorizzato” sul web, mentre gli attivisti fanno del loro meglio per continuare a testimoniare con video e racconti quello che succede davvero. E gli hacker egiziani si arrangiano come possono per combattere “online”.
Aggirare i blocchi - Ahmad Gharbeia, 34 anni, racconta come stanno vivendo questi momenti di violenza al Cairo. Gharbeia si occupa da sei anni di addestrare attivisti, giornalisti e avvocati dei diritti umani dei paesi arabi a rendere sicure le proprie comunicazioni online. Le armi a sua disposizione sono le principali tecniche di crittografia e PGP per la posta elettronica. Usano, racconta, anche dei proxy come Tor che aggirare il blocco delle comunicazioni e “Security in a Box”, un kit gratuito di sua creazione che garantisce ai sostenitori dei diritti umani sicurezza, privacy e anonimato.
Internet a sbaffo - Ahmad Gharbeia racconta anche che il primo giorno di scontri, lui e altri amici, hanno improvvisato una sorta di quartier generale in Piazza Tahrir, al Cairo, con tende e tutto il necessario per la lotta “tecnologica”: computer con ogni tipo di sistema operativo (Mac, Pc e Linux), fotocamere, videocamere, telefoni cellulari e qualsiasi cosa in grado di catturare e trasmettere gli avvenimenti in tempo reale. Il loro obiettivo, dall’inizio della rivolta, è stato difendere il “fortino” e tutto materiale raccolto. La connessione a Internet, però, mercoledì della scorsa settimana ha iniziato a mancare in quasi tutto il paese, così come la rete telefonica.
Tutto bloccato tranne i servizi Internet di alcuni piccoli service provider come Noor usato da siti strategici come la borsa egiziana, la Commercial International Bank of Egypt e la National Bank of Egypt and Egypt Air. Così per alcuni giorni, fino al ripristino delle comunicazioni, gli hacker egiziani sono riusciti a coordinarsi sfruttando (di straforo) proprio la connessione di Noor. Appena Internet ha ripreso a funzionare hanno caricato oltre 100 GB di materiale video e fotografico raccolto nei giorni di “blackout”.