Dalle connessioni a banda larga al numero di utenti Internet, dalle competenze digitali della popolazione a quelle delle imprese, dall'e-government all'e-commerce, l'Italia è in coda alla classifica europea: venticinquesima su ventotto Paesi considerati. Lo rivelano i dati aggregati del nuovo indice dell'Unione Europea, stabilito per misurare il livello delle economie digitali del Vecchio Continente.
La classifica. Il Desi (Digital Economy and Society Index) si basa su 33 parametri distribuiti su 5 aree (connettività, competenze digitali, attività online, integrazione delle imprese, servizi pubblici digitali) e misura anche lo stato di un Paese quanto a Internet mobile, penetrazione delle piattaforme cloud e utilizzo degli strumenti hi-tech da parte degli utenti. Ma anche il livello di informazione, con la rilevazione di consumo di film e riviste online. In percentuale, il punteggio totalizzato dall'Italia è del 36,06%, quasi la metà rispetto al primo classificato, la Danimarca (67,67%). Al secondo posto la Svezia, poi Olanda, Finlandia, Belgio, Regno Unito, Estonia, Lussemburgo, Irlanda, Germania, Lituania, Spagna. Dietro l'Italia solo Grecia, Bulgaria e Romania.
Spread digitale. È la fotografia di un'Italia che in questo ambito arranca, con prestazioni digitali più basse della media UE, che è del 46,96%. Particolarmente arretrato risulta il livello di accesso alla rete: solo il 59% degli italiani usa abitualmente Internet, mentre il 31% non lo ha mai utilizzato. Siamo lontani dal target del 75% indicato dalla Ue per il 2015.
Piangono anche i dati sulla copertura delle connessioni veloci, che arriva solo al 21% del territorio nazionale, e sugli abbonamenti alla banda larga fissa (51%). Sono risultati che raccontano di un notevole spread digitale rispetto ai Paesi più virtuosi.
Un sistema vecchio. Il differenziale ha anche ricadute economiche: il digitale rappresenta infatti solo il 4,8% del fatturato complessivo delle aziende nazionali. Siamo penalizzati nell'e-commerce e nei servizi digitali: solo il 5,1% delle piccole e medie imprese utilizza sistemi di vendita online (contro una media europea del 15%), solo il 42% usa l'home banking e solo il 35% dei cittadini ricorre allo shopping online.
Informazione e relazioni seguono ancora le vecchie tradizioni: leggiamo poco le notizie su Internet (26esimo posto) e usiamo poco i social newtork (22). E nel suo giudizio la UE non fa sconti: parla di un'Italia che "deve fare progressi sul fronte della domanda".
Un sistema in ripresa. La posizione dell'Italia è invariata rispetto all'indice dello scorso anno, ma qualcosa si muove. Il nostro paese è in via di miglioramento in tutte e 5 le aree di giudizio, in particolare nell'integrazione delle tecnologie digitali nelle imprese, che stanno crescendo quanto a e-commerce e presenza digitale.
Altra buona notizia è che nei servizi pubblici online ci stiamo avvicinando alla media europea. Si registra anche un +3% nell'accesso a Internet e i numeri dello shopping online crescono a un tasso superiore rispetto a quello europeo. Stesso discorso per le competenze di base su web e tecnologie. Quanto all'intrattenimento online (video, musica e giochi) siamo nella metà alta della classifica, al dodicesimo posto.
Siamo partiti male, è vero, ma stiamo recuperando.
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