Nel 2013 Mark Zuckerberg, patron di Facebook, commentava davanti alla platea del Mobile World Congress di Barcellona che troppe persone nel mondo ancora non hanno un accesso a Internet e per questo motivo non sono consapevoli dei vantaggi che la rete può portare loro in termini di informazione, benessere economico, libertà, democrazia.
A quello stesso pubblico Zuckerberg propose la sua soluzione: Internet.org, una collezione di app e servizi che l’azienda di Menlo Park avrebbe distribuito gratuitamente in tutti i Paesi poveri grazie a una serie di accordi con gli operatori locali di telefonia mobile.
Nei piani di Zuckerberg, gli accordi dovevano prevedere che gli operatori di telefonia non avrebbero fatto pagare il costo della connessione per l’utilizzo delle app incluse nel pacchetto.
Più vantaggi per tutti? Sulla carta sembrava un accordo vantaggioso per tutti: per Facebook, che avrebbe portato marchio e servizi a quella parte di popolazione mondiale che ancora non può disporne; per gli operatori, perché avrebbero potuto sfruttare Internet.org per proporre altri servizi a pagamento, a partire dall'accesso completo a Internet; per gli utenti, infine, perché avrebbero avuto un accesso, seppure limitato, alle nuove tecnologie a costo zero.
C’è chi dice no. Negli ultimi due anni il servizio, che oggi ha cambiato nome in Free Basic, è stato lanciato in 37 paesi del Sud America, dell'Africa, dell'estremo oriente.
Ma lo scorso dicembre il governo indiano ha deciso di bloccarlo e di indire una consultazione pubblica su questo argomento.
Che cosa ha spinto New Delhi a mettere in discussione l'operazione di Facebook? Tra i più critici su Free Basic ci sono diversi gruppi riuniti sotto l’insegna #SaveTheInternet.
Secondo gli attivisti che con quell'etichetta difendono la net neutrality, l’accesso gratuito a Facebook in paesi così poveri avrebbe costretto (o indotto) le aziende di e-commerce e servizi online (per esempio quelli di streaming musicale e televisivo) a offrire i propri prodotti all’interno della piattaforma di Zuckerberg.
Questo garantirebbe a Facebook un enorme vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti e le permetterebbe, di fatto, di governare la Rete in gran parte del Terzo Mondo.
Internet nascosto. Le motivazioni di #SaveTheInternet non sono del tutto infondate. Secondo quanto riportato dall’Economist, un sondaggio condotto lo scorso anno tra diversi milioni di utenti di Free Basic ha evidenziato come la maggior parte di queste persone non fosse consapevole di utilizzare Internet.
Per dimostrare la propria buona fede Facebook ha deciso di aprire la piattaforma Free Basic: oggi vi può accedere chiunque, aziende dell’e-commerce, social network concorrenti e servizi vari, a patto di soddisfare alcuni requisiti tecnici.
Non solo Facebook. Per conoscere la sorte di Free Basic in India occorrerà attendere la fine del mese, ma intanto Facebook già non è più sola in questa crociata di generosità per portare Internet gratis, o quasi, nei paesi del terzo mondo: Google, per esempio, sta sperimentando palloni aerostatici e droni-ripetitori per creare una rete che, a regime, sarebbe al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei governi.
Non è facile decidere se questo è "bene" o "male". Di sicuro, però, il confine tra business e filantropia si fa sempre più sfumato, così come quello tra persone e consumatori.