In passato Facebook sembra aver compreso l’importanza dei nomi d’arte o nome de plume per certi utenti. Sembra aver dimenticato l’atteggiamento precedente e in questi giorni ha cercato di trasformare in un “terribile esempio” una persona innocente quanto importante per il proprio paese, un commentatore cinese ed attivista che all’estero ed in patria è conosciuto come Michael Anti (nella foto).
L’utilizzo di pseudonimi su Facebook è un fenomeno ben noto. Una buona percentuale dei miei contatti, e sono certo che la mia esperienza è comune, ne assume uno nel tentativo (piuttosto paradossale) di mantenere una fittizia parvenza di privacy. Nel caso dei cinesi l’utilizzo di uno pseudonimo è più comune e socialmente accettato, specie quando si ha molto a che fare con gli stranieri. Nato Zhao Jing, Michael Anti ha usato il suo “secondo nome” per più di dieci anni di attivismo politico e lavoro a favore della libertà di stampa in Cina. Non è servito neanche spedire a Facebook il certificato di una fellowship di Harvard in cui era registrato come Anti, perchè il social network rifiuta di accettare l’idea che esistano dei nomi professionali, tutta un’altra storia rispetto ai soprannomi che ci si appioppa da ragazzi.
Con un’antipatia ed una inaccessibilità degna della propria fama, per Facebook deve regnare la politica del “nome vero”, anche se danneggia la vita professionale e politica dei propri utenti. Chiunque usi uno pseudonimo è abbondantemente avvisato: prima o poi l'ascia colpirà anche il suo account.