di Peppe Croce
Facebook, secondo molti analisti del mondo social, avrebbe già iniziato la sua inesorabile discesa. Il numero di utenti non cresce più come una volta e i ricavi pubblicitari stentano. E il Governo americano potrebbe mettere i bastoni tra le ruote a Mark Zuckerberg.
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Faceflop -
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Brutti segni - Persino i giornali cartacei, notoriamente molto lenti a capire le dinamiche del web, hanno parlato di crisi del settimo anno per Facebook. Dimenticando di specificare, però, che sette anni per un'azienda online sono come settanta per una offline. I problemi principali di Facebook sono il fatto che il ritmo di crescita degli utenti è calato rispetto al passato - nel senso che crescono ancora, ma molto di meno di prima, sarà per questo che vogliono aprire anche ai ragazzini? - e che non riesce a raccogliere pubblicità a sufficienza. Poi c'è il fenomeno dell'uscita da Facebook: in sei milioni hanno cancellato il proprio profilo in USA, un milione in Inghilterra.
Compagnia telefonica - Ma c'è anche un'interpretazione un po' diversa rispetto a quella "mainstream" sulla crisi di Facebook: è quella rilasciata dal giornalista David Kirkpatrick a Mashable. Secondo Kirkpatrick i problemi principali di Zuckerberg potrebbero arrivare non dal mercato, ma dal Governo statunitense. Facebook, in pratica, non andrebbe più inteso come un semplice sito, ma come una sorta di infrastruttura, al pari di una compagnia telefonica. E, in effetti, oggi Facebook è qualcosa di molto simile visto il ruolo che gioca nell'economia dei paesi occidentali: le pagine aziendali, ormai, sono un obbligo così come la gestione della comunità sociale. Una parte imprescindibile del business che è quasi monopolizzata da Facebook. Da questo punto di vista, però, Google potrebbe insidiare il ruolo di Facebook con il suo Google Plus. Se ci riuscisse, paradossalmente, gli farebbe un gran piacere. (sp)