di Peppe Croce
Il social di Mark Zuckerberg ammette di usare uno software di scansione per cercare segnali di pericolo nelle chat e, nello specifico, che mettano a rischio i bambini. Ma l'intervento umano è solo nei casi più gravi.
"Un presunto pedofilo americano è finito in manette ma è stato assolto"
FaceCop -
seguono le procedure previste
Mani in alto, sono Facebook - Almeno un caso di pedofilia è stato già sventato con questo sistema. Era il 9 marzo e un uomo di circa trent'anni stava chattando con una ragazzina di 13 su Facebook. I temi erano abbastanza espliciti, i due parlavano apertamente di sesso e si erano dati appuntamento per il giorno dopo. Il software di controllo ha messo insieme la discussione hot con la forte differenza di età dei due e ha subito mandato una segnalazione di sospetta pedofilia. I supercontrollori - umani - hanno avvertito la polizia che si è affrettata ad ammanettare l'uomo.
Facebook è uguale per tutti? - Il presunto pedofilo, però, in giudizio ha avuto la meglio ed è stato giudicato non colpevole del reato di adescamento di minore. Questa vicenda è emblematica ma è solo una goccia in un enorme oceano: le chat controllate sono milioni ogni giorno, i controlli sono rigidi e l'FBI americano ha inserito Facebook tra i siti da tenere sotto controllo in cerca di segnali di allarme. Ma non è solo questo social a collaborare con la giustizia, visto che sono ormai decine i servizi sul web che hanno adottato politiche di controllo a due stadi - prima software, poi umano - e che girano le segnalazioni alle forze dell'ordine. Il problema di privacy, però, è che fine facciano i registri delle nostre conversazioni. Se il presunto pedofilo fosse stato giudicato colpevole la chat con la scampata vittima sarebbe diventata un atto del processo, ma ora che è stato scagionato siamo sicuri che Facebook non abbia ancora in archivio quei messaggi piccanti inviati alla tredicenne?