Non si può proprio dire che Eric Schmidt sia stato un CEO popolare per Google. Non ha combinato nessun disastro finanziario e non ha fatto precipitare in fiamme la propria compagnia come è riuscito alla dirigenza di Yahoo!, però si è reso responsabile di una serie di gaffe davvero poco invidiabili.
Ora che sta rinunciando alla propria carica all’interno di Google (le dimissioni da CEO sono della scorsa settimana) è venuto alla superficie un magheggio ancora più disdicevole: pare abbia cercato di convincere il team che gestisce il motore di ricerca a oscurare dai risultati delle ricerche informazioni su una sua donazione ad un ente politico. Chiedere una cosa del genere è come cercare di far abrogare alla Chiesa Cattolica un articolo di fede ed infatti la manovra non ha avuto successo, naufragata anche grazie alla forte presa di posizione di uno dei manager esecutivi, Sheryl Sandberg (che ora ha cambiato bandiera diventanto COO di Facebook).
Tutte queste scomode rivelazioni sono saltate fuori in un libro pubblicato da Steven Levy. Questa notizia, in particolare, è tra quelle più scomode per la fama del motore di ricerca, che si è sempre vantato anche in sede giudiziaria di non alterare per nessuna ragione, neppure la lotta alla spam, i risultati di ricerca. Anche Matt Cutts (capo sviluppatore) ha ammesso che un sito può essere messo in una sorta di whitelist che lo rende immune da cambiamenti all’algoritmo del search engine. In definitiva, possiamo dire che a mantenere i risultati “onesti” c’è solo l’etica professionale ed una buona dose di senso morale.
Immagine CC di Esthr