Il prossimo autunno i cittadini americani torneranno alle urne per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti (o per confermare l'attuale).
E mentre sui giornali e nei salotti televisivi si dibatte ancora sul ruolo degli hacker russi nelle elezioni del 2016, gli esperti di sicurezza informatica sono al lavoro per garantire la regolarità delle operazioni di voto ed evitare pericolose manomissioni delle voting machine, i terminali installati nei seggi attraverso i quali i cittadini americani esprimeranno la propria preferenza.
Troppa tecnologia? Nonostante i progressi (o forse proprio a causa di questi ultimi) fatti dalla tecnologia negli ultimi 4 anni, lo scenario non è particolarmente rassicurante.
Già nel 2017 James Woolsey, direttore della CIA, si era detto sicuro per il 2020 di un ritorno degli hacker russi che, forti di ciò che avevano imparato nella tornata del 2016, sarebbero scesi in campo ancora più preparati e agguerriti.
In quello stesso anno J. Alex Halderman, esperto di sicurezza informatica con una cattedra all'Università del Michigan, aveva presentato al Senato americano i risultati di un attacco simulato condotto dai suoi collaboratori sulle voting machine.
Halderman e il suo team, in pratica, erano riusciti a riprogrammare da remoto le macchine in modo da attribuire la vittoria a qualunque candidato avessero voluto, senza lasciare alcuna traccia.
I ricercatori avevano inoltre messo a punto un virus capace di alterare la distribuzione dei voti tra i candidati, ma anche in grado di diffondersi in maniera trasparente da una macchina all'altra attraverso il sistema elettorale informatico.
Attenti all'e-car. Ma - potremmo dire così? - anno nuovo, elezioni (e minacce) nuove. E l'ultima (oltre che abbastanza sorprendente) minaccia in ordine di tempo è stata evidenziata su Quartz da Yuri Dvorkin, professore di ingegneria elettrica e informatica all'Università di New York. Secondo l'esperto la nuova arma a disposizione di chi vuole sabotare le elezioni sarebbero… le auto elettriche e le stazioni di ricarica.
L'attacco, spiega Dvorkin, sarebbe tutto sommato semplice. Basterebbe collegare contemporaneamente 1.000 ecar ai punti giusti della infrastruttura di ricarica delle batterie per riuscire a mandare in tilt la distribuzione di corrente in una città grande come New York.
I black-out potrebbero essere orchestrati per rallentare o addirittura impedire le operazioni di voto in interi quartieri, così da danneggiare uno o più candidati: ci sono infatti città, o zone di grandi aree urbane, particolarmente favorevoli a uno schieramento politico anziché un altro e dunque sabotando opportunamente la rete elettrica si potrebbe pilotare il voto in una direzione ben precisa.
Non sarebbe la prima volta. Gli attacchi al grid, la rete di distribuzione della corrente elettrica, durante le elezioni non sono una novità: sono stati portati a termine con successo nel giugno dello scorso anno durante le elezioni in Argentina e Uruguay. D'altro canto nello stesso mese hacker russi si sono resi protagonisti di un attacco alla rete elettrica britannica nel corso dell'ultima tornata elettorale.
Gli stessi hacker che, secondo quanto riportato da Quartz, negli ultimi mesi hanno cercato i punti deboli del grid americano mettendo a dura prova le capacità dell'intelligence a stelle e strisce.
In un recente documento, al momento ancora in fase di revisione da parte di suoi colleghi scienziati, Dvorkin spiega come la maggior parte delle colonnine di ricarica per auto elettriche non abbia alcun sistema di sicurezza: i malintenzionati potrebbero utilizzare le auto elettriche per alterare in maniera impercettibile i parametri di carico delle colonnine scatenando un effetto a cascata che potrebbe mandare in tilt la rete di un intero paese prima che gli operatori capiscano cosa sta succedendo.
Possibile? Sì ma… Non tutti gli esperti del settore, però, sono convinti che esista davvero un pericolo di questo genere: tanto per cominciare, la mappa della rete elettrica non "ricalca" strettamente quella dei distretti elettorali. In altre parole "spegnere" specifici seggi con questo sistema sarebbe pressoché impossibile. E anche nel caso in cui il voto venisse bloccato o impedito in un'intera città, sarebbero comunque presi provvedimenti straordinari per garantire a tutti la possibilità di esercitare il famoso diritto.
Quel che è certo, invece, è che le ricerche di Dvorkin aprono scenari inaspettati sull'utilizzo delle auto elettriche ai quali nessuno dei guru della mobilità del futuro aveva ancora pensato.