Stando ad una dichiarazione dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali, un organo pilotato direttamente dal regime, Facebook ed altri social network non solo sono sfruttati dai servizi di intelligence occidentali per la raccolta di informazioni, sono addirittura dei mezzi insidiosi di sovversione, vere “armi sociali”.
La situazione ha del paradossale: di fronte al governo cinese non esiste alcuna privacy, ma gli studi di questa Accademia (pubblicati sotto forma di rapporto annuale) non hanno avuto alcuna remora a dichiarare che l’intimità dei cittadini è minacciata gravemente... E non già dagli sbirri online di Pechino, bensì dai nuovi media sociali! E dato che questo forse non pareva un’insidia sufficiente per allarmare il pubblico, secondo questi “esperti” i social network metterebbero in pericolo anche la sicurezza nazionale, fungendo da falla nella Grande Muraglia Informatica che protegge la terra di Mao dal resto del mondo online.
E dire che Facebook è bloccato all’interno del paese e che la corporation di Silicon Valley ha fatto sapere più e più volte di non avere alcun genere di piano futuro che prenda la Cina in considerazione. Evidentemente la censura non basta, è necessario anche ricordare a tutti il male straniero dal quale i cittadini sono stati “protetti”.
La preoccupazione a Pechino resta a livelli elevati di fronte allo spauracchio di questo “pericolo social web”: gli ufficiali temono apertamente una replica delle rivolte avvenute l’anno scorso a Tehran. L’idea che il dissenso voli sulle ali della rete è un terrore nero per i regimi di ogni latitudine.