Provate a immaginare: pensate intensamente a un'informazione di cui avete bisogno e un apparecchio, dopo aver letto nella vostra mente, si mette a cercare per voi su Google. È proprio quel promette di fare AlterEgo, un curioso dispositivo - sviluppato da Arnav Kapur e Pattie Maes, ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) - che assomiglia a una di quelle cuffie con microfono che si usano in chat, ma che, grazie a sensori e a un sistema di intelligenza artificiale, crea un dialogo privato e puntuale con il suo utilizzatore.
Come funziona. Oggi sta diventando sempre più comune attivare gli assistenti vocali dei nostri smartphone (e di maggiordomi virtuali come Google Home, che proprio in queste settimane stanno facendo il loro sbarco sul mercato italiano): per richiamare la loro attenzione, basta pronunciare il comando previsto ("Ok Google" per i sistemi Android, "Hey Siri" per interagire con iPhone, iPad & c.) e formulare la richiesta.
AlterEgo, come si diceva, non ha invece bisogno di parole: basta pensare alle chiavi di ricerca desiderate perché sul nostro viso si producano gli impercettibili segnali neuromuscolari associati al suono di quelle parole (il processo si chiama subvocalizzazione, e avviene in automatico quando pensiamo a una frase, senza articolarla materialmente). I 4 sensori presenti sul dispositivo rilevano questi input, successivamente un sistema di intelligenza artificiale ne decifra il significato e lancia la ricerca su Google. La risposta con i risultati viene infine sussurrata all'orecchio dell'utilizzatore attraverso la cuffia. Si tratta di modello particolare, a conduzione ossea, che trasmette il suono direttamente all'orecchio interno (e non al timpano, come avviene con i soliti auricolari): così nessun altro può udire la risposta e oltretutto, per chi la indossa, resta la possibilità di percepire dei rumori ambientali, senza rendere sordo chi la indossa.
Mi hai letto nel pensiero! Prima di passare ai test, i ricercatori hanno affrontato una fase di messa a punto di 31 ore, durante le quali hanno insegnato al prototipo a cogliere le differenze tra i diversi sistemi di attivazione motoria degli utenti. Successivamente hanno scoperto che, per interpretare correttamente i segnali neuromuscolari, erano sufficienti 4 dei 16 sensori impiegati inizialmente, e questo ha determinato la forma del dispositivo. Infine, è arrivato il momento delle prove vere e proprie.
AlterEgo ha mostrato di essere in grado di decifrare dalla nostra mente le cifre da 0 a 9, più un centinaio di parole. In particolare, è riuscito a suggerire correttamente l'ora locale di altri fusi orari, la popolazione di alcune grandi città, le mosse corrette in una partita di scacchi e i risultati di calcoli aritmetici.
In futuro sistemi come questi potrebbero essere impiegati per fornire istruzioni agli assistenti virtuali senza ricordare password (o senza doverle pronunciare a voce alta), senza digitare su una tastiera e senza dover parlare distraendosi dalle normali attività quotidiane.
La concorrenza. Altri sistemi di embrionale "lettura del pensiero", come quello portato avanti da Neuralink, un progetto di Elon Musk, provano a captare direttamente l'attività elettrica del cervello con strumenti più complessi e difficili da posizionare (anziché il sottile movimento di nervi e muscoli facciali). L'idea è che AlterEgo possa un giorno diventare un'interfaccia di più largo consumo e di facile utilizzo.