Architettura

Spaghetti, pollo, insalatina e... una manciata di locuste!

Mangiare insetti per salvare il Pianeta? È la tesi di un ricercatore olandese: introdurre formiche, cavallette, farfalle e grilli nell'alimentazione contribuirebbe seriamente a ridurre i gas serra derivanti dall'allevamento di bestiame.

Riccardo Pavone, 27 gennaio 2011

Per vedere qualcuno mangiare insetti, oggi sembrano esserci solo due possibilità: guardare un tizio in tv che lo fa per sopravvivere nei posti più strani, o spingerci verso luoghi esotici dove il prelibato e nutriente pasto a base di proteine è visto con curiosità o disgusto solo dall'occidentale occhio turistico (vedi anche la puntata di Focus On Top).
Ma una dieta a base di insetti è tutt'altro che incredibile. È ecosostenibile!
Uno studio della Università di Wageningen in Olanda, ha infatti scoperto che la carne di insetto è nutriente come una bistecca (e questo a dire il vero era già noto), ma soprattutto è a impatto zero.


Questione di emissioni
Calcolando la quantità di gas serra (nel caso specifico metano e ossido di azoto) prodotta dalle 5 specie diverse di insetti e comparandola a quella di bovini e suini, i ricercatori hanno dimostrato che gli insetti inquinano, al chilo, circa il 99% in meno dei ruminanti e almeno la metà dei suini. Un bel risparmio, soprattutto considerando che l'industria della carne bovina e suina è colpevole di circa il 18% delle emissioni globali di CO2 (e quindi concausa del cambiamento climatico).
Anche se lo studio non tiene conto dell'intero ciclo produttivo necessario per la grande distribuzione, in linea di principio la carne di insetto ha tutte le carte in regola per sostituire quella bovina nella futura società sostenibile. Un solo dubbio resta: siamo davvero sicuri di preferire una manciata di locuste a una succosa fiorentina?

Consulta la ricerca originale

Una montagna di cibo, fresco o confezionato ma commestibile e buono, gettato nella spazzatura. Qualche giorno fa Le Monde ha scritto che in Francia il cibo buttato via ogni anno vale 50 euro ad abitante. E che secondo i dati della Fao nel mondo solo la metà degli alimenti vengono effettivamente consumati. Negli Stati Uniti finisce nelle discariche il 40 per cento del cibo prodotto e gli inglesi ne sprecano per 20 miliardi di euro all’anno. Per quanto riguarda l’Italia, un’indagine di Last minute market dell’Università di Bologna stima che annualmente sono 20 milioni le tonnellate di cibo sprecato, per un valore di 37 miliardi di euro, pari al 3 per cento del Pil. Una quantità di pasti che sfamerebbero 44 milioni di persone, vale a dire l’intera popolazione della Spagna.

La Coldiretti aggiunge che finisce nella spazzatura il 30 per cento dei prodotti che acquistiamo e consiglia le ricette antispreco. Per reimpiegare gli avanzi di pranzo e cena, i piatti migliori sono polpette, frittate di pasta, pizze rustiche.

Anche la frutta può essere salvata dall’immondizia, cuocendola per fare marmellate, caramellandola o semplicemente nella macedonia. Lo spreco di cibo non nasce solo nelle case dei consumatori, spesso è la grande distribuzione a ritirare dagli scaffali e buttare molti prodotti ancora buoni, ma che nessuno compra perché troppo vicini alla data di scadenza o perché “fuori stagione”. A Milano finiscono ad esempio nel cestino 180 quintali di pane al giorno. E circa l’1 per cento del fatturato dei supermercati, tra frutta, verdura, latticini, pasta, non entra nelle casse a causa dell’invenduto.

15 aprile 2011
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