Nelle ultime settimane il territorio degli Stati Uniti è "cresciuto" silenziosamente di quasi un milione di chilometri quadrati, circa tre volte la superficie dell'Italia. Non c'è stata alcuna invasione in territori stranieri, né l'annessione di nazioni vicine o lontane: si tratta più semplicemente dell'aggiunta di aree offshore, ossia aree marine, che fanno parte della piattaforma continentale del grande Paese americano.
Chi lo ha deciso. A stabilire ciò è stato il Dipartimento di Stato Americano (DOS), il quale ha incluso nel proprio territorio sette aree marine in prossimità dell'Artico, dell'Atlantico (costa orientale), del Mare di Bering, del Pacifico e delle isole Marianne, oltre a due aree nel Golfo del Messico (vedi mappa sotto). Il DOS ha affermato che gli Stati Uniti hanno spostato le proprie linee che determinano la superficie del proprio Paese di oltre le 200 miglia nautiche, circa 360 chilometri, dalle proprie coste. L'area più vasta, tra quelle aggiunte, si trova nell'Artico.
Va ricordato che le piattaforme continentali (vedi illustrazione sotto) sono aree che dal continente subaereo (nelle parti, cioè, che si trovano nell'aria e sul suolo) scendono verso la "piana abissale", ossia il fondale oceanico, le quali da un punto di vista geologico sono molto simili al continente. E poiché nel corso del tempo il livello del mare può cambiare, si ritiene che le piattaforme continentali appartengano al Paese da cui si distendono verso gli oceani, indipendentemente dal livello del mare stesso.
Secondo il diritto internazionale e la convenzione di Montego Bay del 1982, allo stato costiero sono attribuiti i diritti di sfruttamento economico anche della piattaforma continentale. Questo fa sì che gli stati a cui appartengono piattaforme continentali possono sfruttare in modo esclusivo risorse minerarie presenti sulla superficie e nel sottosuolo di tali piattaforme. Il Senato degli Stati Uniti non aveva mai ratificato quel trattato, ma ora, dopo 40 anni, il governo statunitense ha deciso di estendere i propri confini come gli spetta proprio da quel trattato.
Necessarie oltre 40 missioni. Ed è così che nell'Artico, ad esempio, la nuova piattaforma sposta di oltre 560 chilometri il confine degli Stati Uniti verso est e di oltre 1.000 chilometri verso ovest. Questo spostamento ,tuttavia, non va in conflitto la Russia per effetto di un accordo sottoscritto da entrambe le nazioni nel 1990. Il direttore del progetto del Dipartimento di Stato, Brian Van Pay tuttavia, ha osservato che il Canada avrà probabilmente una richiesta per una sovrapposizione che potrà essere negoziata in futuro.
Per estendere con precisione i nuovi limiti della Nazione sono stati necessari lunghi studi che riguardano la profondità, la geologia, la forma e le caratteristiche geofisiche in generale del fondale marino e del sottosuolo.
«Sono state necessarie 40 missioni in mare aperto andando ad esplorare anche aree dove non era mai stato fatto prima. Una ricerca che ha permesso anche di scoprire intere catene montuose sottomarine di cui non si conosceva l'esistenza», ha spiegato Van Pay. La raccolta di questi dati iniziò nel 2003 e costituisce la più grande mappatura offshore mai condotta dagli Stati Uniti. Il motivo principale di questa ricerca e del conseguente spostamento di confini, è legato senza dubbio agli importanti interessi economici che sono venuti alla luce soprattutto attorno alle aree artiche, dove si ha la certezza della presenza di grandi quantità di petrolio, gas naturale i minerali. Ora si tratta di capire come gli Stati Uniti andranno a sfruttare questi nuovi territori sapendo che, soprattutto nelle zone in prossimità del Polo Nord, vi è una situazione molto delicata dal punto di vista ambientale.