Un criovulcano, anche se apparentemente sembra un ossimoro, è letteralmente un “vulcano freddo”, che invece di rocce fuse erutta materiale ghiacciato. Questo tipo di attività è presente su alcuni satelliti dei pianeti giganti e forse su altri corpi planetari, come Plutone ed altri oggetti transnettuniani. I criovulcani emettono ghiaccio più caldo, e quindi più fluido, di quello esistente in superficie, oltre a sostanze come acqua, ammoniaca o metano. Questi materiali vengono chiamati criomagma e talvolta quando vengono eruttati sono liquidi, ma possono essere anche sotto forma di vapore; naturalmente, l’esposizione alle bassissime temperature presenti sugli oggetti interessati da questi fenomeni (sempre al di sotto dei -180 °C), li trasforma immediatamente in ghiaccio.
Fu la sonda Voyager 2, nell’agosto del 1989, ad osservare per la prima volta i segni di una tale attività, quando sorvolò il maggiore dei satelliti di Nettuno, Tritone. Nelle immagini della superficie di questa luna riprese da distanza ravvicinata appaiono delle macchie allungate scure lasciate da geyser di azoto liquido che, fuoriuscendo dal sottosuolo portano con se detriti di colore scuro che vanno a depositarsi sulla superficie. Su Tritone la temperatura è intorno ai -240 °C, per cui anche l’azoto superficiale è sotto forma di ghiaccio.
La sonda Galileo ha poi osservato le chiare tracce di attività di tipo criovulcanico su Europa, il quarto come dimensioni dei satelliti di Giove, la cui superficie ghiacciata appare segnata da lunghe fratture da cui fuoriesce ghiaccio più caldo e fluido di quello superficiale, che va a formare delle serie di rilievi alti sino a qualche centinaio di metri che corrono paralleli a queste crepe.
Immagine artistica dei geyser di vapore ghiacciato osservati su Enceladus dalla sonda Cassini.
Ma è stata la sonda Cassini ad offrirci delle bellissime immagini del criovulcanismo che interessa in particolare due dei suoi satelliti, Enceladus e Titano. Nel corso di numerosi fly-by effettuati a breve distanza dalla superficie di Enceladus, un oggetto di 500 km di diametro e la cui superficie è la più riflettente di tutti i corpi del Sistema Solare, la sonda ha osservato dei veri e propri geyser che fuoriescono da delle profonde fratture presenti nell’emisfero meridionale del satellite e che espellono a grandi altezze enormi getti di particelle ghiacciate. Parte di questo materiale ricade poi sulla superficie sotto forma di neve sottile (è per questo che Enceladus appare così bianco), mentre quello che viene espulso a maggiore velocità sfugge all’attrazione del satellite e va ad alimentare l’anello E di Saturno.
Le cause di questa attività non sono ancora chiare, ma esiste il fondato sospetto che responsabili siano le forze mareali a cui è soggetto Enceladus indotte dall’intenso campo gravitazionale di Saturno. La superficie di questa luna viene quindi continuamente ricoperta da materiale fresco che cancella le antiche morfologie geologiche, come i crateri da impatto, che di fatti su questo satellite sono praticamente assenti.
Nel caso di Titano, il più grande dei satelliti saturniani, recentissime immagini della Cassini mostrano in certe aree della sua superficie delle variazioni di colore su tempi scala molto brevi, che probabilmente sono dovute alla fuoriuscita dal sottosuolo di materiale fluido ghiacciato (criomagma) di colore più chiaro. Non tutti sono però concordi su questa interpretazione e suggeriscono che questi cambiamenti siano da addebitare all’attività atmosferica, come nubi e nebbie di idrocarburi che con il tempo di formano e si dissolvono. Se così fosse, ribattono gli assertori del criovulcanismo, si dovrebbero osservare variazioni abbastanza rapide di queste nubi, a causa dell’azione dei venti, variazioni che invece non sono state finora osservate. Nel caso di Titano quindi il dibattito è ancora aperto.
Un approfondimento sull’attività criovulcanica su Enceladus è pubblicato sul numero di Focus prossimamente in edicola.