Le rivoluzioni nella scienza, come quella copernicana che demolì la teoria geocentrica tolemaica, non accadono molto spesso. Nessuno oggi mette in dubbio che il Sole si trova al centro del nostro sistema planetario e nessuno sembra contraddire l’idea che non ci troviamo al centro dell’universo. Il Principio Copernicano asserisce che la Terra non si trova in una posizione favorita e ciò è considerato da tempo una certezza nella comunità scientifica. Ma come lo si può dimostrare in maniera inequivocabile?
Adesso due gruppi di fisici in due articoli pubblicati indipendentemente hanno spiegato il modo di testare questo Principio.
Nel primo lavoro, due ricercatori statunitensi spiegano come lo spettro della radiazione cosmica di fondo, il mare di microonde che permea tutto l’universo e che ebbe origine circa 380.000 anni dopo il Big Bang, può essere utilizzato per verificare se il Principio Copernicano è valido. Questo principio infatti gioca un ruolo fondamentale nell’interpretazione dell’accelerazione cosmica e dell’energia oscura. Se il Principio Copernicano non fosse valido, non sarebbe necessario ricorrere all’esotica energia oscura per spiegare l’accelerazione a cui sembra essere soggetto l’universo osservabile, basterebbe infatti vivere all’interno di una gigantesca bolla vuota. Questo vuoto causerebbe una distorsione nello spettro della radiazione cosmica di fondo rispetto a quello cosiddetto di “corpo nero”. Per controllare l’esistenza di questa eventuale piccolissima deviazione, viene proposto di misurare con una precisione mai ottenuta precedentemente l’andamento dello spettro di questa radiazione per rilevare eventuali variazioni da quello di corpo nero. Nel caso ciò non fosse, naturalmente, si tratterebbe di un ulteriore evidenza della validità del Principio Copernicano. La dimostrazione che lo spettro della radiazione cosmica di fondo ha un andamento uguale a quello di un corpo nero, ottenuta con i dati raccolti dal satellite COBE (COsmic Background Explorer), valse il premio Nobel nel 2006 a John Mather e George Smoot.
Alcune galassie dell’ammasso della Vergine, di cui fa parte anche la Via Lattea.
I due fisici statunitensi sono convinti che alcuni missioni spaziali della NASA, come Absolute Spectrum Polarimeter (ASP) saranno in grado di rilevare possibili deviazioni dall’andamento di corpo nero che gli strumenti di COBE non sono stati in grado di rilevare.
Nel secondo articolo un gruppo di ricercatori francesi e sudafricani suggeriscono un altro metodo per verificare il Principio Copernicano. Questo consiste nel misurare lo spostamento verso il rosso (red-shift) delle galassie in maniera estremamente precisa per vedere se esistono eventuali piccole variazioni. Queste misure di red-shift possono infatti essere combinate con le determinazioni della distanza delle galassie lontane ottenute con altri metodi per verificare se l’universo è spazialmente omogeneo, come previsto dal Principio Copernicano. Si tratterà comunque di un’impresa non facile.
Nel numero di Focus in edicola a dicembre un articolo di Luigi Bignami approfondisce questo argomento.