Generalmente la ricerca della vita extraterrestre si basa su parametri che supportano la vita qui, sulla Terra. Non a caso l'obiettivo della maggior parte delle ricerche di vita aliena punta sull'analisi di mondi rocciosi simili alla Terra e che si trovano a una distanza specifica dalla stella ospite (quella che abbiamo chiamato fascia di abitabilità) per avere un determinato tipo di ambiente e temperature vivibili. Ma le cose potrebbero anche essere un po' diverse. Ad esempio: perché escludere che vi possano essere forme di vita su mondi molto differenti dal nostro? Un gruppo di astronomi dell'Università di Cambridge ipotizza che possa essere così per una classe di pianeti differenti dal modello-Terra: pianeti più grandi del nostro, rivestiti da un oceano globale e con atmosfere ricche di idrogeno. L'ipotesi apre strade molto interessanti da esplorare perché esopianeti così sono più numerosi, nelle rilevazioni planetarie, rispetto a quelli rocciosi e simili alla Terra. I ricercatori, che hanno pubblicato lo studio su The Astrophysical Journal (qui in versione integrale su arXiv), hanno anche dato un nome a questa classe di pianeti: Hycean.
Il pianeta più comune. Per Nikku Madhusudhan, uno dei ricercatori, «alcune delle condizioni negli oceani di questi mondi potrebbero essere analoghe a quelle che rendono abitabili gli oceani della Terra, cioè temperature e pressioni simili, con acqua liquida ed energia dalla stella. Certo ci sono molte domande aperte, ma questa è solo una prima ipotesi in questa fase della ricerca: il presupposto è che se la vita acquatica microbica può formarsi in quegli oceani nello stesso modo in cui si è prodotta sulla Terra, allora anche alcune delle biofirme - ossia testimonianze di vita - potrebbero essere comuni e potremmo perciò riconoscerle».
Ad oggi sono quasi 4.500 i pianeti identificati e confermati in oltre 3.300 sistemi solari. I dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler nei suoi quasi dieci anni di servizio suggeriscono che il tipo più comune di esopianeta è quello che neppure abbiamo nel Sistema Solare: si tratta di mini-Nettuno con raggio da 1,6 fino a 4 volte quello della Terra.
Potrebbero essere abitabili. Questi pianeti dovrebbero avere una densa atmosfera ricca di idrogeno e probabilmente un oceano liquido al di sotto di essa. Ricerche precedenti suggerivano che la pressione su questi mondi sarebbe stata troppo alta per supportare la vita come la conosciamo, ma nel febbraio del 2020 Madhusudhan e colleghi hanno pubblicato uno studio sul mini-Nettuno K2-18b, a 111 anni luce da noi, dove descrivono condizioni compatibili con un pianeta abitabile.
Stando ai due studi pubblicati, i mondi Hycean vivibili possono avere fino a 2,6 volte la dimensione della Terra e fino a 10 volte la sua massa. La fascia di abitabilità di questi pianeti - compresa tra una distanza minima e massima dalla loro stella - è molto più ampia rispetto ai pianeti rocciosi. Gli esopianeti Hycean possono infatti avvicinarsi alla loro stella fino al punto da raggiungere i 200 °C in atmosfera, o allontanarsi a distanze alle quali un pianeta roccioso vedrebbe l'acqua in superficie (se ci fosse) completamente e perennemente ghiacciata. «L'effetto serra prodotto dall'idrogeno molecolare - H2 - è infatti tale che il pianeta può orbitare molto lontano dalla stella e avere ancora condizioni abitabili sulla superficie. Per l'atmosfera di un pianeta simile alla Terra, invece, il vapor d'acqua e l'anidride carbonica sarebbero già congelati a distanze molto più piccole, rendendo la superficie congelata e non abitabile», commenta Madhusdhan.
Lo zoo di Hycean. Se consideriamo la possibilità di una zona abitabile così vasta, è possibile che ci sia anche una grande varietà di pianeti Hycean. Alcuni, molto vicini alle loro stelle, potrebbero essere bloccati nella loro rotazione da forze di marea tali da essere costretti ad avere sempre lo stesso lato rivolto verso la stella, e dunque sarebbero dark Hycean, dove la vita potrebbe sopravvivere solo sul lato notturno, lontano dall'eccesso di calore e radiazioni. I mondi cold Hycean, invece, sarebbero quelli a distanze maggiori, che ricevono relativamente poca luce, calore e radiazioni.
Il lavoro, adesso, è quello di identificare le biofirme, se ci sono, di elementi che possono essere associati alla vita. Questi possono essere ozono, ossigeno molecolare e metano, ma anche cloruro di metile e solfuro di metile. «Finora la ricerca di simili indizi si è concentrata su pianeti simili alla Terra», afferma Madhusudhan: «è un punto di partenza ragionevole, ma noi crediamo i pianeti Hycean offrano migliori possibilità di trovare diverse tracce di biofirme.» Il James Webb Space Telescope, che verrà lanciato entro la fine dell'anno, sarà in grado di svolgere questo compito molto bene, ma anche altri telescopi possono già cercare la presenza di acqua nelle atmosfere dei mini-Nettuno, primo fondamentale requisito della vita.