È molto difficile immaginare il mondo di Venere. Il cielo è un mantello ininterrotto di nuvole di acido solforico, le temperature raggiungono i 470 gradi centigradi - temperature che hanno fatto bollire ed evaporare i mari - e la pressione sulla superficie è tale che un uomo verrebbe schiacciato come una frittata. Nonostante sia chiamato il pianeta gemello della Terra, attualmente Venere è molto diverso ed è anche molto difficile da studiare per la sua coltre di nubi, che impedisce di osservare la superficie. Perché questo pianeta sia arrivato ad avere tali caratteristiche è ancora un mistero, anche perché si ritiene che fino a un miliardo di anni fa fosse per davvero un gemello della Terra e che fosse coperto da grandi oceani. Le missioni fino ad oggi condotte si sono quasi tutte concentrate sullo studio dell'atmosfera e solo una, la Magellano (NASA), equipaggiata con speciali strumenti, ha realizzato una mappatura della superficie - ma è stato un lavoro di poco dettaglio.
Una nuova mappa. La NASA sta riconsiderando la missione Veritas (messa in naftalina nel 2017) con l'obiettivo di mappare con precisione la superficie e di studiare la geodinamica interna che ha modellato il pianeta. Veritas (che sta per Venus Emissivity, Radio Science, InSAR, Topography & Spectroscopy) è una missione che rientra nel Discovery Program della NASA e alla quale partecipa anche l'Agenzia spaziale italiana. Se rifinanziata, Veritas potrebbe essere lanciata nel 2026 e una volta a destinazione, in orbita, comincerà a studiare la superficie del pianeta grazie ad un potente radar in grado di "vedere" attraverso il mantello di nubi, con l'obiettivo di realizzare una mappa completa e in 3D del pianeta. A bordo vi sarà anche uno spettrometro agli infrarossi, con il quale gli scienziati sperano di ricostruire le caratteristiche geologiche della superficie.
Tettonica e terremoti. La sonda permetterà inoltre di misurare le variazioni del campo gravitazionale, così da poter dedurre la struttura del pianeta: al momento non si sa se la crosta di Venere sia soggetta a processi di tettonica simili a quelli che avvengono sulla Terra, o se ve ne siano stati in passato, e raccogliere dati per cercare di capirlo è un altro importante obiettivo della missione. «Vogliamo capire come si sono formate le grandi strutture che si rilevano su Venere, e che potrebbero raccontarci molto della storia del pianeta», afferma Joann Stock, geologo presso il laboratorio di sismologia del CALTEC, a Pasadena.
E certamente anche le mappe potranno mettere in evidenza, per esempio, eventuali faglie in superficie, che sono segnali inequivocabili di fenomeni quali i terremoti e la formazione di catene montuose.
Il mistero dei vulcani. Un altro elemento di grande interesse è la possibilità che vi siano vulcani ancora attivi. Studiando l'atmosfera di Venere si è infatti scoperto che in prossimità di alcune grandi strutture rilevate attraverso l'atmosfera e interpretate come vulcani, l'atmosfera stessa è ricca di sostanze che potrebbero essere state emesse da vulcani in attività ai nostri giorni. Se così fosse, la prima domanda a cui si vorrebbe rispondere è se questi vulcani siano legati allo scontro di zolle oppure alla risalita di magma dalle profondità di Venere: anche questo aiuterebbe a capire che cosa ha reso il gemello della Terra tanto diverso dalla Terra.