Spazio

Torna di moda Venere: ecco perché ora attira l'interesse delle agenzie spaziali

Per molto tempo è stato trascurato. Ora Venere, pianeta un tempo ricco di acqua e molto simile alla Terra, torna a essere interessante per gli scienziati: potrebbe aiutare a trovare pianeti abitabili attorno a stelle lontane.

Dopo anni in cui sembrava essere passato di moda, il pianeta Venere sta tornando a destare l'interesse degli scienziati. La prima esplorazione in programma è quella dell'ISRO (l’Agenzia Spaziale Indiana) che, nel 2023, con una sonda dovrebbe entrare nell'orbita del pianeta. A seguire, dovrebbe arrivare una missione organizzata dalla Nasa, mentre nel 2032 potrebbe essere il turno dell’Agenzia Spaziale Europea. Non ultima, l’Agenzia Spaziale Russa (Roscosmos) che sta lavorando a una missione che potrebbe partire tra il 2026 e il 2033.

L'infografica mostra la cronologia delle missioni spaziali dirette su Venere: queste sono molto più "fitte" nell'intervallo compreso tra gli anni '60 e gli anni '80. © NJasiek Krzysztofiak/NatureASA

Come mai? Questa sarebbe una grande novità nel campo della ricerca interplanetaria. Pensate infatti che, negli ultimi 65 anni, a fronte di ben 11 sonde inviate dalla Nasa attorno a Marte (e 8 sulla superficie del Pianeta Rosso), soltanto due sono state invece inviate nell'orbita di Venere e nessuna da 15 anni a questa parte. Questo è tutto sommato comprensibile perché, grazie alle informazioni raccolte dalle prime missioni sovietiche degli anni Sessanta, fu subito abbastanza chiaro che sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, inviare uomini lassù.

Le condizioni ambientali, infatti, non sono esattamente confortevoli: le temperature raggiungono i 470 °C, la pressione è 90 volte superiore a quella esercitata dall'atmosfera terrestre e il cielo è solcato da nubi di acido solforico.

Come mai, allora, questo un ritorno di fiamma? I possibili motivi d’interesse sono diversi. Il pianeta infatti, pur inospitale, potrebbe celare in sé qualche segreto che ci aiuti a capire cosa, davvero, rende un pianeta abitabile. Venere infatti è per certi aspetti simile alla Terra: dimensioni, densità, caratteristiche chimiche ne fanno quasi un doppione.

Perché Marte sì? Recenti ricerche dicono che grandi oceani potrebbero aver bagnato la sua superficie per oltre 3 miliardi di anni. «Tutto ciò accende la mia immaginazione», ha detto Darby Dyar, planetologo al Mount Holyoke College del South Hadley nel Massachusetts, «perché lassù, per molto tempo, ci sono state condizioni affinché la vita potesse attecchire. Perché stiamo investendo così tanto per cercare la vita su Marte», si chiede Dyar, «dove l’acqua fu presente per circa 400 milioni di anni, mentre snobbiamo Venere dove è esistita per quasi 3 miliardi di anni?».

Circa 750 milioni di anni fa su Venere qualcosa è andato... storto e il pianeta è diventato un posto infernale. Ma oltre a chi, come detto, pensa che proprio per questo motivo non avrebbe senso visitarlo, ci sono scienziati che ritengono la storia di Venere una ragione in più per studiarlo da vicino. Anche Adriana Ocampo, responsabile dei Programmi Scientifici della NASA a Washington DC, ne è convinta: «Venere ha un ruolo chiave nel comprendere meglio perché la vita si è evoluta così bene qui sulla Terra», sostiene la scienziata.

Sono stati scoperti oltre 4.000 pianeti al di fuori del nostro sistema solare, molti dei quali sono molto simili alla Terra e a Venere: capire perché questi ultimi si siano evoluti in modo così diverso è fondamentale per cercare la vita lontano da noi.

Venere è stato mappato grazie alla sonda Magellano. Ma la risoluzione è molto bassa © NatureNASA

Cosa (non) sappiamo. Ecco perché c’è grande interesse attorno alla missione indiana anche se questa, purtroppo, al momento è abbastanza avvolta dal mistero.

Uno dei pochi elementi noti è che a bordo della sonda troveranno posto una dozzina di strumenti, tra i quali un radar per ottenere una mappatura di dettaglio della superficie.

Obiettivo: mappare. L’ultima missione che mappò la superficie di Venere fu Magellano, lanciata dalla Nasa: accadde circa 30 anni fa e le mappe che si ottennero avevano una risoluzione, sì, eccezionale per quei tempi (10-20 chilometri per pixel) ma sufficienti per avere giusto una visione sfocata della topografia venusiana. Alcuni scienziati hanno sollecitato l'Agenzia spaziale indiana affinché rivelasse qualcosa di più su cosa sarà a bordo della sonda, ma non hanno avuto risposte.

Un altro motivo di grande interesse che potrebbe spingere a riprendere la direzione di Venere è verificare se oggi sul pianeta sia in atto una “tettonica delle zolle”: questo infatti, stando a molti geologi, è un elemento importante per lo sviluppo della vita. Sulla Terra infatti, la tettonica ha favorito un forte vulcanismo che a sua volta ha prodotto grandi quantità di anidride carbonica e, di conseguenza, l’effetto serra necessario a tenere caldo il pianeta.

Chi la spunterà? La tettonica inoltre ha permesso l’emissione di molti altri gas che hanno formato l’atmosfera della Terra. Oggi si ritiene che, almeno in alcune aree della superficie venusiana, un fenomeno di tettonica delle zolle possa essere attivo, ma i dati a disposizione sono troppo scarsi affinché se ne possa avere una conferma.

Una delle missioni della Nasa dovrebbe scendere a soli 250 metri dalla superficie: questo darebbe modo di osservare in modo accurato i segni (eventuali) di questa possibile attività geologica. Un’altra missione invece dovrebbe analizzare la composizione dell'atmosfera del pianeta. Entro la fine dell’anno dovremmo sapere quali, tra le missioni candidate, saranno scelte dalla Nasa per ritornare dalle parti di Venere (nella sua orbita o sulla sua superficie), traguardo che verrebbe comunque raggiunto non prima della metà degli Anni Venti.

15 giugno 2019 Luigi Bignami
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