«Le chiesi di perdonarci, e ho pianto mentre l'accarezzavo per l'ultima volta», raccontava la biologa russa Adilya Kotovskaya: classe 1927, scomparsa nel 2020, era l'ultima persona ad avere avuto un contatto con la cagnetta Laika alla vigilia del suo lancio nello Spazio: il giorno dopo, il 3 novembre 1957, Laika diventava il primo terrestre in orbita attorno alla Terra.
Era un viaggio di sola andata, ed era previsto così fin da quando la missione era stata concepita dai sovietici, perché a quel tempo non c'era ancora modo di far tornare un essere vivente sano e salvo dallo Spazio. Ma bisognava a tutti i costi provare anche le più drammatiche imprese, pur di essere i primi a portare qualcuno nello Spazio.
Purtroppo il volo di Laika non seguì il più compassionevole piano previsto. La cagnetta avrebbe dovuto roteare attorno alla Terra per circa 8 giorni prima che una iniezione letale ponesse fine alla sua vita, senza sofferenze. La sorte invece volle che tutto andasse come da programma solo per alcune ore, giusto il tempo di 9 orbite.
All'inizio «la missione andava come previsto: al lancio, i battiti del cuore di Laika accelerarono notevolmente, ma dopo 3 ore era tornata alla normalità», ricordava Kotovskaya. La piccola cagnetta era stata addestrata al lancio grazie a centrifughe non molto diverse da quelle che si usano ancora oggi, ed era stata abituata a vivere in uno spazio angusto, com'era la capsula dello Sputnik 2.
La bugia. Improvvisamente, durante la decima rivoluzione attorno alla Terra, la temperatura all'interno della capsula iniziò a salire, fino a superare i 40 gradi, probabilmente a causa di un insufficiente isolamento della capsula dai raggi solari. In poche ore Laika si ritrovò completamente disidratata e morì per surriscaldamento.
La radio sovietica però continuò a trasmettere aggiornamenti quotidiani, riportando che tutto stava funzionando alla perfezione, secondo il programma, e sempre secondo i piani la navicella infine precipitò nell'atmosfera, 5 mesi dopo, il 14 aprile 1958, disintegrandosi sopra i cieli delle Antille: Laika comunque non ne aveva sofferto - si affermò - perché pietosamente soppressa dall'inizione letale...
La versione ufficiale venne sostenuta a lungo: la vera storia di Laika venne fuori solamente anni dopo. Era un bastardino di circa tre anni, sei kg di peso: «Scegliemmo una femmina», spiega Kotovskaya, «perché per urinare non aveva bisogno di alzare una zampa e questo permetteva di risparmiare spazio.
Per questioni di propaganda ci era stato chiesto un animale fotogenico, a cui dare un nome facile da ricordare...» Kudrjavka (così si chiamava) non era un nome adatto: qualcuno la chiamò Laika, e questo alla fine fu il nome che le rimase addosso per tutto il resto del mondo. Lo Sputnik 2 partì da Baikonur alle 5:30 ora di Mosca, lancio perfetto.
Cani, mosche e Gagarin. Un'impresa, quella di Laika, che neppure servì alla scienza (com'è stato ammesso da scienziati russi negli anni successivi), se non per dimostrare ciò che già si sapeva, ossia che un essere vivente poteva sopravvivere al lancio. Dopo quel 1957 bisognerà attendere tre anni prima di vedere due cani, Belka e Strelka, un coniglio grigio, decine di topi, mosche, piante e funghi lasciare la Terra e tornare vivi dopo un giorno nello Spazio: era l'agosto del 1960. Queste imprese convinsero le autorità sovietiche che, seppure estremamente rischiosa, si poteva concretizzare la missione di un uomo nello Spazio, e nell'aprile del 1961 venne il turno di Jurij Gagarin.