Uomini e donne nello spazio, il fisico si comporta in modo diverso
Uno studio decennale della Nasa mette in risalto le diversità comportamentali degli uomini e delle donne nello spazio
L'organismo degli uomini e delle donne si comporta in modo diverso sia nello spazio che al rientro a Terra.
NASA
Le pari opportunità non abitano nello spazio. Anche nelle missioni spaziali, infatti, la parità di genere è una chimera. Basta un dato: gli uomini che sono andati nello spazio sono 477, le donne solo 57. Anche noi italiani non siamo da meno. Dopo 6 astronauti maschi, la prima donna, Samantha Cristoforetti, partirà domenica 23 novembre.
Questa enorme discrepanza, però, non ha impedito di studiare gli effetti sul corpo femminile e su quello maschile della permanenza nello spazio. L’organismo degli uomini e delle donne si comporta in modo diverso nello spazio. È questo il risultato di anni di studi realizzati dalla Nasa e dal Nsbri (National Space Biomedical Research Institute) sugli astronauti che hanno viaggiato nello spazio.
FotogalleryTutti i rischi degli astronauti, organo per organo
Appena arrivati nello spazio, corpo e cervello hanno bisogno di adattarsi alle nuove condizioni ambientali. In questa fase, che solitamente dura qualche giorno, gli astronauti possono andare incontro a problemi di equilibrio e coordinazione che possono compromettere il loro lavoro. Le stesse sensazioni spesso si manifestano anche al rientro sulla Terra, in condizioni di normale gravità.
Tra i sintomi più spiacevoli c'è la nausea spaziale, una sorta di mal di mare cosmico, che può colpire gli astronauti a volte in modo grave. Questo malessere viene scherzosamente classificato dai cosmonauti in base alla scala Garn, dal nome di Jake Garn, che in un volo sullo Shuttle, nel 1985, patì il più violento attaco di nausea della storia dell’esplorazione dello spazio.
Nella foto: un astronauta durante un controllo medico di routine per la misura di pressione, battito cardiaco e saturazione.
Vivere in un ambiente estremo come quello spaziale per lunghi periodi di tempo crea non pochi problemi al nostro organismo, adattato dall'evoluzione a condizioni ben più confortevoli.
Anche se negli ultimi anni la medicina spaziale si è evoluta e oggi è in grado di garantire agli astronauti condizioni di relativa sicurezza, la permanenza tra le stelle non è affatto indolore. Ecco nel dettaglio cosa succede al corpo umano quando non è più sul suo pianeta.
A differenza di quanto si potrebbe pensare, vivere per lunghi periodi di tempo in assenza di gravità non fa bene al nostro apparato scheletrico: le ossa si assottigliano e si indeboliscono, le probabilità di fratture una volta tornati a Terra aumentano ed è più facile avere problemi di calcoli renali. Gli studi della NASA evidenziano come la perdita di massa ossea (che prosegue anche dopo il ritentro a Terra) dopo un mese di permanenza nello spazio sia dell'1-1,5% del totale, la stessa che subisce in un anno una donna in menopausa.
A provocare il generale indebolimento dell’apparato scheletrico degli astronauti è l’assenza di gravità: sulla Terra i nostri muscoli, anche se non ce ne accorgiamo, effettuano continue contrazioni per farci mantenere la posizione eretta e contrastare così la forza di gravità. Questi movimenti, insieme a quelli volontari che compiamo durante la giornata, favoriscono il costante deposito di calcio e fosforo nelle ossa e la normale sostituzione della materia ossea vecchia con quella nuova.
Nello spazio questi movimenti sono del tutto assenti: non essendo necessario contrastare la forza di gravità il nostro corpo entra in modalità “riposo”, ma così facendo il calcio, anziché depositarsi sulle ossa, viene eliminato dall’apparato urinario. E così, mentre lo scheletro si assottiglia, aumentano le probabilità di sviluppare calcoli renali.
Per contrastare questi problemi gli astronauti affrontano quotidiane sedute di allenamento con macchine speciali, come questa ciyclette che simula la forza di gravità.
La forzata inattività nel cosmo, dove si galleggia nel vuoto e ci si sposta senza fatica appoggiandosi a oggetti e superfici, è poco sana anche per i muscoli, che essendo poco utilizzati tendono ad atrofizzarsi e ridursi di volume, anche del 40% durante le missioni di maggior durata.
A soffrire maggiormente sono gli arti inferiori, solitamente molto sollecitati perché sostengono l’intero peso del corpo.
L’indebolimento muscolare influisce anche sul coordinamento motorio, con il risultato che a volte, dopo lunghi periodi passati nello spazio, anche il portare a termine operazioni banali può per gli astronauti diventare un problema.
Ancora una volta, per contrastare questi spiacevoli effetti e mantenersi efficienti, gli astronauti seguono, durante le missioni, uno speciale e intenso programma di allenamento.
Nello spazio non esistono malesseri di poco conto: anche un banale attacco di nausea, in assenza di gravità, può trasformarsi in un rischio mortale e soffocare gli astronauti. Ecco perché, prima di ogni "passeggiata", per precauzione gli astronauti assumono una dose di antiemetici.
Nello spazio la vista può diventare meno acuta: il 30% degli astronauti, anche dopo missioni di breve durata, ha riferito di un calo della capacità visiva.
Le cause di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare, ma secondo i medici potrebbero essere scatenate, ancora una volta, dall’assenza di gravità che fa concentrare i fluidi corporei negli arti inferiori e nella testa. Qui premerebbero in maniera eccessiva sul nervo ottico causando una sindrome nota come papilledema, che nei casi più gravi può portare alla cecità.
Nella foto, l'astronauta italiano Luca Parmitano durante un esame della vista a bordo della ISS.
Nel cosmo, l’assenza di gravità fa sì che il sangue si distribuisca nel corpo in modo diverso da quanto succede sulla Terra, concentrandosi principalmente nella parte alta dell’organismo, tra testa e polmoni.
Questo fenomeno non è di per sé un problema fino a quando chi ne è colpito torna in condizioni di gravità strandard: durante il rientro sulla Terra, l’aumento di gravità fa defluire rapidamente il sangue dal cervello verso gli arti inferiori e questo può portare a una perdita, breve e temporanea, delle funzioni cerebrali.
L’accumulo di liquidi nella parte alta del corpo può provocare, una volta giunti nello spazio, altri fastidiosi malesseri come una forte congestione nasale e una generica difficoltà respiratoria. Questi sintomi solitamente si risolvono nel giro di qualche giorno grazie al naturale processo di adattamento.
La Stazione Spaziale, per quanto lontana dalla Terra, non è comunque immune a virus e batteri portati dagli astronauti e perfettamente in grado di sopravvivere nel microclima di bordo. Non si tratta ovviamente di microbi pericolosi, ma pur sempre in grado di dare problemi, come congiuntiviti e infezioni dentali. Malanni banali sulla Terra ma un po’ meno nello spazio, dove gli antibiotici si sono dimostrati meno efficaci e devono essere assunti in dosi maggiori.
Tra i rischi maggiori che gli astronauti si trovano ad affrontare c’è sicuramente quello radioattivo: i brillamenti solari emettono infatti grandi quantità di particelle elettricamente cariche che possono investire gli astronauti e i loro veicoli.
La NASA ha stimato che per contenere sotto il 3% il rischio dei cosmonauti di contrarre tumori innescati dalle radiazioni, occorre limitare rispettivamente a 268 e 159 giorni la permanenza nello spazio di uomini e donne.
Uno studio presentato qualche mese fa al meeting annuale della American Association for Cancer Research dagli scienziati del Georgetown Lombardi Comprehensive Cancer Center ha evidenziato come nei topi l’esposizione alle radiazioni spaziali diminuisca sensibilmente la capacità dell’intestino di eliminare le proteine oncogeniche, quelle cioè responsabili dello sviluppo di tumori.
Vivere per lungo tempo in spazi angusti e a stretto contatto con i colleghi, con poca privacy e lontano dalle famiglie, per gli astronauti può essere un'esperienza stressante.
Durante le missioni i ritmi di lavoro sono molto intensi e non mancano clamorosi momenti di protesta da parte degli astronauti: nel 1973 l'equipaggio della stazione spaziale americana Skylab decise autonomente di prendersi una giornata libera per riposarsi dopo i massacranti turni di lavoro imposti nei giorni precedenti dalla direzione di volo. Fu il primo, e per ora unico, caso di sciopero spaziale.
I ricercatori americani si sono concentrati sui problemi cardiovascolari, immunologici, senso motori, muscolo-scheletrici che l’assenza di gravità e le radiazioni cosmiche possono causare.
I problemi da risolvere non sono di poco conto ed è per questo che la Nasa è da anni impegnata a studiare gli effetti sulla salute delle e visto che si avvicinano sempre più i lunghi viaggi spaziali da compiere molto lontani dalla Terra e dalla protezione che il campo magnetico offre agli astronauti che invece vivono a bordo della ISS.
Ma ecco alcuni esempi della differenza tra uomini e donne nello spazio (e dopo il loro ritorno):
Gli astronauti, al loro ritorno non riescono a stare in piedi a lungo senza svenire. Questo problema si chiama intolleranza ortostatica ed è più diffusa tra le donne. In altre parole le donne svengono prima degli uomini. Ciò sembra legato a problemi vascolari che si manifestano più fortemente nelle persone di sesso femminile.
Le donne, durante un volo spaziale, presentano una maggiore perdita di volume del plasma sanguigno rispetto agli uomini e la risposta allo stress cui si è sottoposti durante la permanenza a bordo della Iss determina un aumento della loro frequenza cardiaca più accentuata rispetto agli uomini, mentre questi ultimi rispondono con un aumento della resistenza vascolare.
Lunghi capelli biondi, spiccate doti ingegneristiche, un amore assoluto per lo Spazio e sangue freddo da vendere: Karen Nyberg, astronauta della Nasa e 50esima donna nello Spazio, ha preso il posto di Chris Hadfield come ingegnere di volo sulla ISS, nella Expedition 36 che l'ha vista lavorare a fianco di Luca Parmitano e Chris Cassidy.
Nei sei mesi di permanenza sulla nostra base orbitante, nel 2013, la 43enne americana ha scattato (e postato su Twitter) una serie di foto che la ritraggono impegnata nella vita di bordo e documentano la meravigliosa vista dalla Cupola della ISS.
Qui, l'astronauta mostra come anche le proprietà di rifrazione dell'acqua possono essere divertenti, soprattutto a gravità zero.
Con i suoi 6671 chilometri, il Nilo è ben visibile dallo Spazio ed è tra i soggetti preferiti degli astronauti, Nyberg compresa. Questo serpente d'acqua che si snoda attraverso cinque stati (Burundi, Tanzania, Uganda, Sudan ed Egitto) è grande 10 volte il Po e contende il primato al Rio delle Amazzoni (che però si aggiudica la vittoria con un corso di 6937 chilometri).
Per quanto terso sia stato il cielo sopra alle nostre teste quest'estate, è difficile che qualcuno abbia visto Orione stagliarsi così nitido sulla volta celeste. La bionda astronauta l'ha fotografato dalla Cupola il 15 agosto: ecco la costellazione in tutta la sua bellezza. Riuscite a individuare le tre stelle della "cintura"?
Magico tramonto sul Rio de la Plata, l'estuario lungo 290 chilometri formato dai fiumi Uruguay e Paraná al confine tra Uruguay e Argentina. In spagnolo, il nome del corso d'acqua significa "Fiume d'argento". E in effetti, con la luce del Sole che va dissolvendosi, la sua foce si illumina di bagliori metallici.
Sotto una lievissima coltre di nubi, ecco che appare appena offuscato lo splendore notturno di Bangkok, capitale della Thailandia nonché una delle città più caotiche di tutta l'Asia.
L'Iran e la costa del Golfo Persico. La struttura a forma di "tappeto arricciato" che caratterizza questo territorio è quella dei monti Zagros, una catena di rilievi che percorre per 1500 chilometri il territorio di questo stato, formatasi grazie alle spinte esercitate dall'incontro fra la placca Eurasiatica, quella Africana e quella Iraniana (questi movimenti geologici sono all'origine dei forti terremoti che si verificano nell'area).
Le Isole Canarie, e alcuni curiosi pattern di nuvole. Sopra alle isole si formano spesso vortici nuvolosi (simili a tanti "ghirigori" celesti) chiamati vortici di Von Karman (dal nome dell'ingegnere ungherese che per primo li studiò). Hanno origine quando le correnti d'aria incontrano, sul loro percorso, una serie di ostacoli che le fa deviare e separare in tanti mulinelli. In questo caso, l'intoppo è rappresentato dall'arcipelago.
Lo Stretto del Bosforo, con Istanbul e il Mare di Marmara, sono ben visibili in questo scatto del 6 luglio. Il continente europeo e quello asiatico si incontrano su questa striscia di mare lunga poco più di 31 chilometri.
Chi non ha mai giocato a individuare forme famigliari tra le nubi? Esiste anche un termine per indicare questa abitudine: pareidolia. La Nyberg in questa soffice distesa di nuvole ha visto una sagoma quasi "botanica": osservate in verticale, ricordano in effetti la silhouette di un arbusto.
"Vedere la natura nella natura"... così commenta l'astronauta che paragona queste nubi alle piume di qualche pennuto. In effetti, un po' di somiglianza c'è!
Tutti gli astronauti accusano problemi agli occhi causati dalla mancanza di gravità. In percentuale (82%) ne hanno sofferto di più gli uomini delle donne (62%). I casi clinicamente significativi si sono tutti registrati negli uomini.
Sono stati riportati anche cambiamenti della funzionalità del sistema immunitario. Tuttavia le differenze non si sono registrate in volo, ma a terra. Le donne si sono mostrate più resistenti rispetto agli uomini.
Le radiazioni sono un importante pericolo durante i voli spaziali. È stato dimostrato che le donne sono più suscettibili al cancro dovuto alle radiazioni dei loro colleghi maschi. Quindi si dovrà provvedere a schermare molto di più le navicelle se a bordo vi saranno donne.
La risposta dell’apparato muscolo-scheletrico è molto variabile tra singoli astronauti e non c’è una distinzione netta tra i due sessi. Per le donne invece, si è notato un numero superiore di infezioni alle vie urinarie rispetto agli uomini, ma in tutti i casi risolti con antibiotici.
Al ritorno a Terra gli uomini hanno avuto più problemi a riadattarsi alla gravità che non le donne, anche se queste ultime presentano problemi di “mal di spazio” superiore agli uomini.
Non ci sono differenze invece, sul comportamento psicologico tra uomini e donne così come sul sonno.
I ricercatori tuttavia, sostengono che gli studi devono ancora essere approfonditi, in quanto il numero di uomini che ha volto è molto superiore rispetto a quello delle donne e dunque i risultati potrebbero essere non del tutto corretti.
«E difficile farsi un selfie con la tuta spaziale addosso!». È il tweet lanciato nello scorso mese di aprile dall'astronauta Rick Mastracchio.
Riflessa dalla visiera del casco, sullo sfondo, si intravede la Stazione Spaziale.
Dal 4 al 17 luglio 2006 lo Shuttle Discovery ha portato nel cosmo quella che la NASA ha definito "la missione spaziale più fotografata della storia". Nell'immagine lo specialista di missione Michael Fossum: nel suo casco si vedono riflesse le immagini della Terra e del suo collega Piers Sellers.
Nell'Aprile 2002 lo specialista di missione Jerry L. Ross torna nello spazio per la settima volta a bordo dello Shuttle Atlantis. Un record che verrà eguagliato una sola volta, qualche anno più tardi, da Franklin Chang-Diaz.
Luca Parmitano celebra la sua prima EVA (attività extra veicolare), il 9 Luglio 2013, con questo perfetto autoscatto nel quale si vedono la Terra e la ISS.
Il primo selfie cosmico risale all'11 Novembre 1966. Protagonista dell'autoscatto Buzz Aldrin, nel corso dell'ultima missione del programma Gemini. Aldrin tornerà nello spazio molte altre volte con il programma Apollo e sarà il secondo uomo a mettere piede sulla Luna (20 luglio 1969).
Il Sole, la Terra, la ISS e il braccio meccanico Canadarm 2: in questo scatto di Joseph Tanner ci sono tutti gli ingredienti per un perfetto autoscatto cosmico. La foto è del settembre 2012.
Quello che si vede riflesso nel casco di Steve Robinson è lo scudo termico dello Shuttle Discovery, appena riparato dall'astronauta nel corso di un'intervento di emergenza mai tentato prima nello spazio. Era il 3 agosto 2005.
Tom Mashburn, l'11 Maggio 2013, durante una EVA di cinque ore. Al rientro scriverà su Twitter che è stata "una cavalcata indimenticabile". E guardando il suo selfie c'è da crederci!
Uno dei migliori selfie spaziali mai realizzati è opera di Richard Linnehan, astronauta della NASA, e risale al marzo del 2008: la Terra sullo sfondo e riflessa nel casco, la ISS e lo Shuttle Endeavour.
Il miglior selfie cosmico di tutti i tempi, almeno secondo il Daily News, è però questo, realizzato il 5 settembre 2012 dall'astronauta giapponese Akihiko Hoshide. Riflessi nella visiera del casco ci sono il braccio robotico della ISS e la sua collega Sunita Willliams.
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