Spazio

Tutte da rivedere le teorie sulla formazione planetaria

A tutt’oggi i pianeti extrasolari conosciuti sono poco più di 450 e proprio la scoperta recente di alcuni di questi con orbite retrograde e molto inclinate...

A tutt’oggi i pianeti extrasolari conosciuti sono poco più di 450 e proprio la scoperta recente di alcuni di questi con orbite retrograde e molto inclinate mette in crisi le teorie più accreditate che cercano di spiegare la formazione di questi oggetti ed il loro moto di rivoluzione. Fino ad oggi si riteneva che le orbite dei pianeti giacessero sul piano perpendicolare all’asse di rotazione della stella compagna e che il senso della rivoluzione fosse concorde con il verso di rotazione del loro sole, come avviene per tutti i pianeti del nostro Sistema Solare. Ma come dimostrano le nuove scoperte, un numero non trascurabile di esopianeti ha un moto di rivoluzione retrogrado e forti inclinazioni rispetto al piano equatoriale della loro stella.

Immagine artistica di un pianeta extrasolare in orbita retrograda rispetto al moto di rotazione della sua stella.

Tutto nasce dalla scoperta di sei pianeti extrasolari effettuata grazie dal Wide Angle Search for Planets (WASP). WASP comprende due osservatori robotici, ciascuno costituito da otto camere fotografiche a grande campo che monitorano simultaneamente e continuamente il cielo alla ricerca di transiti di esopianeti. Un transito planetario ha luogo quando un pianeta passa di fronte alla sua stella provocando una minuscola riduzione della sua luminosità. Le otto camere permettono di monitorare simultaneamente un grandissimo numero di stelle alla ricerca di questo raro evento.

Gli studi sull’inclinazione del piano orbitale di pianeti extrasolari sono stati effettuati con il sistema WASP e utilizzando lo spettrografo HARPS, montato sul telescopio 3,6-metri dell’Osservatorio Australe Europeo (ESO) e lo strumento CORALIE del telescopio Euler Swiss, entrambi presso l’osservatorio ESO di La Silla (Cile). A questa scoperta hanno anche contribuito gli osservatori Tautenburg (Germania), McDonald (Texas, USA) e il Nordic Optical Telescope (NOT), presso l’osservatorio astronomico di La Palma (Canarie).
Quando i dati derivanti da questi nuovi pianeti sono stati combinati con le più recenti osservazioni degli esopianeti nella fase di transito davanti alla loro stella, gli astronomi dell'Osservatorio di Ginevra che hanno condotto la ricerca sono rimasti sorpresi nel constatare che sei dei 27 studiati orbitavano nella direzione opposta alla rotazione del loro sole – l’esatto contrario, dicevamo, di quanto accade nel nostro Sistema Solare.

Per tener conto dei nuovi pianeti extrasolari con moto di rivoluzione retrogrado, è stata proposta una teoria alternativa: questa suggerisce che la vicinanza dei “Giovi caldi” ai loro soli non sia dovuta alla loro interazione con il disco di polvere che circonda la stella, ma ad un più lento processo evolutivo che chiama in causa una sorta di tiro alla fune con compagni planetari o stellari molto più distanti, della durata di centinaia di milioni di anni.

Dopo che questi disturbi gravitazionali hanno portato l’esopianeta gigante in un’orbita inclinata e allungata, questi subirebbe l’effetto delle maree, perdendo energia a ogni rivoluzione passando vicino al suo sole. E un drammatico effetto di questo processo è che ogni altro pianeta piccolo come la Terra esistente in questi sistemi verrebbe espulso. Questa nuova scoperta rappresenta un’inaspettata quanto seria sfida all’attuale teoria sulla formazione dei pianeti e suggerisce che i sistemi con pianeti extrasolari denominati “Giovi caldi” poco probabilmente potrebbero “ospitare” pianeti come la Terra.

17 aprile 2010 Mario Di Martino
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