Non ci bastava inquinare il nostro Pianeta: da circa una quindicina d'anni abbiamo iniziato a riempire di spazzatura anche lo spazio, dove galleggiano resti di satelliti, razzi ausiliari e armi antisatellite (ASAT). Secondo l'Orbital Debris Quarterly News della NASA, a febbraio di quest'anno la maggior parte della spazzatura spaziale arrivava da Russia, USA e Cina. Ma come sono finiti lì tutti questi detriti, e perché è importante smettere di produrne?
Secondo la Space Force statunitense, a novembre 2021 attorno al nostro Pianeta orbitavano oltre 19.000 rifiuti spaziali identificabili, la maggior parte grandi almeno 10 centimetri; gli oggetti non identificati potrebbero essere addirittura centinaia di milioni.
Da dove vengono i rifiuti. L'attuale spazzatura spaziale è principalmente composta da frammenti di satelliti, razzi, sonde e rifiuti derivati dalle missioni; il primo vero accumulo di residui l'abbiamo avuto nel 2007, quando il satellite meteorologico cinese FengYun-1C è stato intenzionalmente distrutto in un test di armi antisatellite. Hanno poi contribuito ad aumentare la spazzatura spaziale prima una collisione tra due satelliti – Iridium-33 e Kosmos-2251 − avvenuta nel 2009, e poi un altro test di armi antisatellite condotto dalla Russia nel 2021, quando è stato disintegrato Kosmos-1408, di oltre due tonnellate di peso. Ognuno di questi eventi ha contribuito a inquinare lo Spazio con almeno mille frammenti di ferraglia.
I rischi. La spazzatura spaziale non rappresenta solo un rischio fisico per i satelliti attivi nell'orbita terrestre, che possono venire danneggiati dall'impatto (com'è successo l'anno scorso a Canadarm 2, la stazione spaziale della ISS colpita e ferita da un frammento non identificato), ma anche per il buco dell'ozono, che potrebbe venire ridotto dalle sostanze chimiche prodotte durante la combustione dei pezzi di satelliti che bruciano rientrando nell'atmosfera.
In un'ottica più ampia, spiega la Secure World Foundation, uno spazio pieno di detriti non potrebbe di fatto essere visitato né utilizzato per scopi di sicurezza nazionale, osservazione terrestre, telecomunicazioni, esplorazione scientifica o sviluppo economico.
Previsioni per il futuro. Secondo quanto riporta l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), diversi studi prevedono che nei prossimi anni il rischio di collisioni tra rifiuti spaziali e satelliti aumenterà considerevolmente: il più recente, del 2018, stima che nei prossimi 20 anni − in una costellazione di 1.000 satelliti a un altitudine di 1.200 km − il rischio che un satellite a banda larga di 200 kg e un frammento grande tra 1 e 10 cm si scontrino aumenterà di otto volte, passando dall'11% al 90%.
Pulizia spaziale. Per tutti questi motivi è fondamentale iniziare a parlare di sostenibilità spaziale. In che modo? Un primo passo è stato fatto dagli USA, che quest'anno hanno annunciato lo stop ai test delle armi antisatellite che potrebbero creare spazzatura spaziale.
Se mettere un freno alla creazione di nuovi rifiuti spaziali è possibile, molto più complesso è rimuovere i rifiuti già presenti: secondo l'OECD questo processo si scontra con difficoltà tecnologiche, economiche e geopolitiche. Progettare e lanciare dei dispositivi di rimozione dei detriti spaziali è infatti non solo molto costoso e rischioso (in caso di insuccesso non faremmo altro che creare altra spazzatura spaziale), ma anche delicato dal punto di vista geopolitico, poiché i detriti potrebbero finire nelle mani sbagliate di un nemico, che potrebbe ottenere dati sensibili. Per questo, consiglia la OECD, i Paesi dovrebbero limitarsi a rimuovere dallo Spazio solo i propri satelliti o quelli degli alleati.