Altro che chimici, ingegneri e scienziati vari: i primi, veri coloni per Marte (e oltre) dovrebbero essere batteri. Almeno secondo la controversa (ma non originale) teoria di Jose Lopez, pubblicata su FEMS Microbiology Ecology. Secondo Lopez, docente alla Nova Southeastern University (Florida), per rendere davvero abitabile Marte occorre cambiare completamente approccio all'esplorazione spaziale e affidare l'avanguardia della colonizzazione a batteri, virus e funghi capaci di fare da catalizzatori ai molti dei processi essenziali alla (nostra) vita.
Batteri, siate buoni. Lopez e gli altri firmatari dello studio sottolineano che in assenza di microrganismi la vita sulla Terra non sarebbe mai nata, e che, fino a prova contraria, per diffondere la vita e sopravvivere su un pianeta sterile è necessario partire dalle basi, dalle forme più elementari. Una teoria che sovverte alcuni capisaldi dell'esplorazione spaziale così come è stata condotta fino ad oggi.
La NASA e tutti gli altri enti che hanno inviato oggetti e uomini su altri corpi celesti hanno sempre sterilizzato tutto con estrema cura, così da evitare che microrganismi terrestri potessero contaminare i mondi alieni sui quali stiamo cercando di imparare qualcosa. Ma Lopez e colleghi sostengono che l'introduzione dei microrganismi giusti potrebbe aiutare l'uomo avviando il processo di terraformazione di Marte proprio com'è avvenuto sul nostro pianeta miliardi di anni fa.
Pulito, ma non troppo. In questo modo il Pianeta Rosso potrebbe prepararsi ad accogliere la vita. Sulla Terra numerosi processi essenziali sono dipesi e dipendono dai microrganismi, per esempio la decomposizione (con tutti i processi che rendono fertile il suolo del nostro pianeta) o la composizione dell'atmosfera (dalla quantità di ossigeno alla capacità di sequestro dell'anidride carbonica).
Secondo i ricercatori i primi organismi da inviare su Marte dovrebbero essere degli estremofili, per esempio i tardigradi, capaci di vivere per periodi lunghissimi in condizioni particolarmente avverse. Quello che i ricercatori auspicano è quindi un cambio di paradigma nel futuro dell'esplorazione spaziale: questo non vuol dire sganciare su Marte delle bombe batteriologiche, ma selezionare i microrganismi giusti a seconda degli obiettivi.
Contaminazioni. Tra l'altro, ricorda Lopez, quando l'uomo sarà su Marte, inevitabilmente porterà con sé una gran quantità di microrganismi, che sarà impossibile tenere separati dall'ambiente. In fondo, concludono i ricercatori, «per milioni di anni gli unici abitanti della Terra sono stati gli organismi unicellulari, che tutto sommato hanno fatto un buon lavoro».