Attorno al luogo di impatto di un gigantesco asteroide che piombò sulla Terra 1,2 miliardi di anni fa si è scatenata una vera "caccia al tesoro": il masso di 1-2 km di diametro impattò al largo della Scozia nord-occidentale, ma del cratere non si era ancora trovata traccia. Uno studio appena pubblicato sul Journal of the Geological Society sembra restringere il campo di ricerca a un'area a 15-20 km al largo di Enard Bay nel canale di Minch, un braccio di Atlantico tra la costa scozzese e le Isole Ebridi esterne.
Il cratere si troverebbe a circa 200 metri di profondità, sepolto da ere di sedimenti geologici. La roccia celeste lanciata a 65 mila km orari avrebbe lasciato un buco profondo 3 km, di 13-14 km di diametro. I ricercatori dell'Università di Oxford sono risaliti alla presunta posizione della voragine con un metodo indiretto. I crateri di asteroidi sulla Terra sono infatti molto rari da osservare direttamente, cancellati da millenni di processi erosivi e dai movimenti delle placche tettoniche. È molto più facile studiarne la formazione sulla Luna o su altri pianeti rocciosi del Sistema Solare.

Da qualche parte, là fuori. I primi sospetti dell'antica collisione sorsero nel 2008, quando una spedizione geologica nelle Highlands scozzesi individuò strane concrezioni verdi nella formazione rocciosa dello Stac Fada Member. L'analisi di questi minerali rivelò la presenza di quarzo deformato da un impatto celeste, nonché di platino e palladio, altri due metalli caratteristici di meteoriti. Un'analisi gravimetrica del 2015 ipotizzò che il cratere avesse un diametro di 50 km e si trovasse ad est dello Stac Fada Member. Il nuovo studio ne restringe le dimensioni a 13 km, e lo sposta ad ovest della formazione.
Questa volta i geologi hanno analizzato la disposizione delle rocce e l'orientamento dei cristalli magnetici al loro interno, per risalire alla collocazione del "buco". Quando l'asteroide colpì, sollevò tonnellate di roccia fusa e polverizzata che, mescolata con gas roventi, fu scagliata in ogni direzione rispetto al cratere.

Accumulo di macerie. «Questi detriti viaggiarono per lunghe distanze a velocità di diverse centinaia di chilometri orari» ha spiegato a Gizmodo Kenneth Amor, del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Oxford. «A un certo punto si fermarono, per esempio per la presenza di un ostacolo, come una collina. In una formazione rocciosa abbiamo trovato un punto in cui il flusso di detriti, arrivato a uno stop, fu superato dal materiale retrostante che stava ancora cercando di procedere, e che finì per accumularsi su di esso.
Questi movimenti ci danno grandi informazioni direzionali sul cratere originale»
Anche l'allineamento dei grani magnetici all'interno delle rocce è indicativo della direzione di provenienza dei detriti. Questa tecnica viene di norma utilizzata per ricostruire la direzione delle correnti di antichi fiumi, o del flusso di lava di antiche colate vulcaniche: è la prima volta che la si sfrutta per trovare un cratere di impatto.
Poche vittime. Quando l'asteroide colpì, la Scozia era una terra arida situata vicino all'equatore, e la vita sulla Terra esisteva soltanto negli oceani, sotto forma di microbi o primitivi organismi pluricellulari. Non c'erano ancora piante, né animali, e il nostro Pianeta doveva assomigliare all'antica versione di Marte, quando era ancora ricoperto d'acqua. Ora che l'area del cratere è stata localizzata, servirebbe un'estesa esplorazione geologica dei fondali. Fondi permettendo, sarà questo il prossimo passo.