Per avere una chance di manifestarsi e prosperare, la vita ha bisogno di tre cose: energia, acqua e la possibilità di sviluppare reazioni chimiche. Su Encelado, sesta luna di Saturno in ordine di grandezza, queste caratteristiche pare ci siano tutte, come ha confermato la sonda Cassini (Esa/Nasa) durante i suoi 10 anni di permanenza nel sistema del pianeta con gli anelli.
Nel corso della sua lunga esplorazione la sonda si è avvicinata più volte a Encelado e in varie occasioni gli strumenti di bordo hanno fotografato potenti geyser che fuoriuscivano dal polo meridionale: nei pennacchi sono poi stati rilevati molti elementi chimici, tra i quali anidride carbonica, ammoniaca e composti organici come metano e idrogeno molecolare (H2). Quanto alla struttura della luna di Saturno, è convinzione condivisa che sotto alla sua spessa pelle di ghiaccio Encelado nasconda un oceano globale, che ricopre l'intero satellite e protegge un nucleo caldo. Nonostante le basse temperature di superficie, che vanno da -128 a -240 °C, molti pensano che le acque di profondità possano trovarsi a temperature di diverse decine di gradi centigradi sopra lo zero.


Tutto ciò alimenta un'ipotesi affascinante: quell'oceano nascosto sembra avere tutti i numeri per sostenere una qualche forma di vita... C'è dunque vita su Encelado?


I soliti archei. Un esperimento condotto da ricercatori delle università di Vienna e Brema (Germania), riportato su Nature Communications, dimostra che piccole colonie di microrganismi che normalmente vivono in prossimità dei camini idrotermali sui fondali oceanici del nostro pianeta, sopravvivono anche in un ambiente simulato di Encelado. Protagonisti dell'esperimento sono gli archei Methanothermococcus okinawensi, che si nutrono di idrogeno molecolare e producono metano (CH4).
Introdotti nell'ambiente artificiale - dove sono stati simulati diversi "set" di condizioni ambientali possibili su Encelado, intervenendo su caratteristiche quali l'acidità, la pressione o la presenza di altri gas - gli archea hanno superato brillantemente quasi tutte le prove di sopravvivenza. «L'ambiente di test è stato variato più e più volte», spiega uno dei ricercatori, Simon Rittmann, «perché non sappiamo esattamente quali siano le condizioni sui fondali oceanici di Encelado.»
Il Methanothermococcus okinawensi sulla Terra vive in un ambiente idrotermale a circa 1.000 metri sotto la superficie del mare in prossimità di Okinawa (Giappone). Il microrganismo usa l'anidride carbonica come fonte di carbonio e l'idrogeno molecolare per produrre energia, e come elemento di scarto produce metano. Tutti questi elementi sono presenti nei geyser della luna di Saturno, in concentrazioni percentuali probabilmente compatibili con l'ipotesi di partenza, e tuttavia...


C'è un grosso "ma". A smorzare l'entusiasmo c'è però un altro elemento rilevato da Cassini, la formaldeide (CH2O), un potente battericida, usato anche per operazioni di imbalsamazione, che può uccidere anche i più irriducibili estremofili. L'M. okinawensi sopporta minime concentrazioni di formaldeide e nei test nell'ambiente simulato non è sopravvissuto alle concentrazioni dedotte dai dati della sonda Cassini. Soltanto le prossime missioni potranno aiutarci ad approfondire le condizioni ambientali dell'oceano di Encelado, e forse perfino a identificare i biomarcatori che fanno da segnali rilevatori della vita.