C'è stato un tempo in cui c'era vita su Marte?
In molti hanno tentato di dare una risposta, ma, nell'ambito della scienza, fino ad oggi non ce n’è alcuna sicura. Adesso però un nuovo approccio al problema è stato proposto da due ricercatori italiani, Vincenzo Rizzo e Nicola Cantasano, del CNR - ISAFOM: il loro lavoro è stato pubblicato il 20 settembre 2016 sull'International Journal of Astrobiology.
Lo studio confronta alcune strutture rocciose fotografate dai rover della Nasa con strutture geologiche terrestri prodotte con certezza da organismi viventi: il risultato è che le strutture sarebbero del tutto identiche, e ciò dimostrerebbe che la vita è sicuramente esistita anche su Marte.
Confronti a tutte le scale. Le strutture terrestri sono considerate biologiche "alla sola osservazione", perché i batteri che le hanno costruite non esistono più, e neppure i loro fossili. Le microbialiti (così si chiamano le formazioni rocciose costruite da microbi) vengono dunque identificate unicamente dall'osservazione della loro struttura.
Spiega Rizzo che «tra le microbialiti terrestri e i sedimenti marziani formatisi in ambienti geologici compatibili esistono affinità strutturali non solo sul piano microscopico», ma anche a livello macroscopico (ossia da una distanza tale da riuscire a cogliere le caratteristiche globali dell'oggetto osservato) e mesoscopico (scala intermedia tra la microscopica e la macroscopica). Tutto ciò grazie alla strumentazione di bordo dei rover marziani, equipaggiati anche con microscopi.
«Il nostro lavoro», continua Rizzo, «ci ha permesso di mettere in luce una serie di paralleli strutturali connessi con stati altamente adesivi e plastici, che nelle microbialiti terrestri si devono alla produzione di polimeri organici. Inoltre, vengono presentate strutture vacuolari [cavità], che nelle microbialiti terrestri sono, di norma, connesse alla intensa produzione microbica di gas.»
Ciò significa che quando i sedimenti marziani si formarono devono aver contenuto colonie di microbi, che avrebbero conferito ai sedimenti stessi elevata plasticità formando un gran numero di vacuoli e aggregando fra loro granelli di roccia e sostanze inorganiche prodotte dalla loro stessa attività metabolica. «La quantità e la varietà dei paralleli strutturali raccolti accrediterebbe l’idea che non dovrebbe trattarsi di semplici coincidenze», conclude Rizzo.
Non si tratterebbe perciò di pareidolia, ovvero di quell'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale.
Tutto farebbe dunque pensare che davvero un tempo la vita fu presente su Marte, ma oggi? Pur essendoci molti indizi a favore (e molti contrari), non c'è una risposta certa. Per saperne di più dovremo forse aspettare ExoMars 2020 dell’Agenzia Spaziale Europea, quando un rover scenderà sul pianeta proprio per cercarla fino a due metri di profondità.