Lo splashdown della capsula Crew Dragon che lo scorso 2 agosto che ha riportato sulla Terra gli astronauti americani Doug Hurley e Bob Behnken è stata un successo scientifico e tecnologico di Elon Musk e della sua SpaceX, ma è stato anche un successo politico per gli Stati Uniti e il suo presidente. Mentre la navicella si apprestava ad ammarare nell'oceano, 45 anni dopo l'ultimo ammaraggio di una missione USA, Donald Trump twittava il suo slogan preferito, Make America great again. Contemporaneamente, l'ex inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, ricordava sui social di essere stato lui ad aprire la strada alle collaborazioni tra la NASA e le aziende private.
Tecnologia e politica. Ma sull'opportunità di aprire lo Spazio ai privati il mondo politico a stelle e strisce è diviso. Lo sa bene Jim Bridenstine, numero uno della NASA, che ha come obiettivo quello di riportare l'uomo sulla Luna entro il 2024 e che si trova a dover fare i conti con tagli al bilancio sempre più consistenti. Per questo motivo Bridenstine ha aperto a diverse aziende, tra cui la stessa SpaceX, il bando per la progettazione e la realizzazione del lander che dovrà portare gli astronauti dalla navicella in orbita attorno alla Luna fino al suolo del nostro satellite. Secondo il manager le piccole aziende private sono più veloci ed economiche rispetto ai tradizionali partner della NASA come Lockheed Martin, Boeing e Airbus.
Via i privati dalla Luna? Ma diversi membri del Congresso non sono d'accordo e ritengono che la Luna dovrebbe essere riconquistata utilizzando la capsula Orion (Lockheed Martin / Airbus) e il sistema di lancio SLS (Boeing), progettati dalla NASA. Una scelta autarchica, dettata dalla volontà di non lasciar entrare i privati in un comparto strategico come quello spaziale, che si prevede estremamente remunerativo negli anni a venire.
La parola agli esperti. A complicare ulteriormente le cose ci si è messo, lo scorso giugno, anche Robert Zurbin, ingegnere aerospaziale fondatore della Mars Society, mette in dubbio l'intero progetto e in maniera decisamente provocatoria propone di accantonare definitivamente la Orion, eterna ritardataria, e di utilizzare le tecnologie di SpaceX per tornare sulla Luna: la navetta Crew Dragon e i lanciatori Falcon, se non addirittura la StarShip.
I vantaggi della Dragon. Secondo Zurbin l'utilizzo del sistema di Space X presenta numerosi vantaggi: oltre ad aver già dimostrato di essere in grado di andare e tornare dallo
Spazio in sicurezza, la Dragon pesa 10 tonnellate in meno della Orion pur avendo il 50% di spazio interno in più. Potrebbe essere portata in orbita lunare da un Falcon e lì agganciarsi alla stazione lunare, il Lunar Gateway, o fare trasbordare i suoi passeggeri direttamente nel lander che farà da ascensore per la Luna.C'è poi anche la questione soldi: la NASA spende ogni anno oltre 3,5 miliardi di dollari per lo sviluppo di Orion e del suo sistema di lancio, l'SLS. Con quei soldi, sostiene Zurbin, si potrebbe utilizzare diverse volte la capsula Dragon. In effetti, a oggi la NASA ha investito oltre 40 miliardi di dollari nel programma Orion, e per come stanno le cose mancano almeno 18 mesi al primo test di volo del razzo vettore. SpaceX, invece, è già operativa e ha già dimostrato di funzionare.
Tutto da rifare? Dal punto di vista tecnico la questione è però piuttosto complessa: per poter arrivare in orbita lunare la capsula Dragon e il razzo Falcon dovrebbero essere sottoposti a pesanti e costose modifiche - entrambi sono infatti progettati per operare in orbita terrestre, e non a centinaia di migliaia di km dal nostro pianeta. Andrebbero riprogettati il sistema di navigazione (quello di SpaceX si appoggia alla rete GPS, inutile per andare sulla Luna o su Marte) e lo scudo che protegge la navicella e i suoi passeggeri dalle radiazioni cosmiche. Infine, andrebbero ripensati anche i sistemi di sicurezza.
Deciderà la politica. Che la NASA e il Congresso ci ripensino e decidano di affidare al SpaceX la rincoquista della Luna in nome e per conto degli Stati Uniti d'America (e un po' di Elon Musk) è comunque da escludere: il prezzo politico di una decisione del genere sembra davvero troppo alto. C'è però almeno da sperare che i manager dell'agenzia spaziale USA imparino dai loro errori: Orion è diventata così pesante e costosa a causa delle continue modifiche alle specifiche e ai requisiti, chieste dai vari dipartimenti coinvolti.
In ogni caso, per SpaceX non tutto è perduto: tra qualche mese negli Stati Uniti ci saranno le elezioni, che potrebbero rimescolare le carte nella composizione del Congresso o portare un nuovo inquilino alla Casa Bianca, e chissà che tra l'uno e l'altro gli USA non cambino radicalmente approccio per i loro prossimi, futuri
programmi spaziali.