Spazio

Sette cose che abbiamo creduto aliene

E invece non lo sono (almeno apparentemente). Dai canali di Marte alla stella di Tabby, tutte le volte che abbiamo sperato di avere le prove che non siamo soli.

L'ultima volta che abbiamo sperato, collettivamente, di esserci finalmente imbattuti in un visitatore alieno è stato con l'asteroide Oumuamua. Le successive analisi del "sigaro" di roccia ci hanno poi riportato con i piedi per terra: non è una nave interstellare (ma è interessante per altri motivi).

Non è certo la prima volta che un corpo o un fenomeno celeste vengono creduti, per qualche tempo, possibili emissari extraterrestri. Di solito succede quando ancora non si trovano spiegazioni scientifiche soddisfacenti, che possano darne ragione. Di simili abbagli, come ricorda il New Scientist, ne abbiamo presi parecchi: eccone alcuni tra i più famosi.

1. I canali marziani. Dal 1877 al 1888, con una serie di studi dall'Osservatorio astronomico di Brera a Milano, l'astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910) iniziò a studiare e a mappare la superficie di Marte, individuando strutture che definì "terre" (le più luminose) e "mari" (le più scure). Lo scienziato chiamò "canali" i naturali solchi presenti tra di essi, ma non pensava certo a strutture costruite da una civiltà avanzata. Quando però i suoi scritti furono tradotti in inglese, la parola "canali" fu tradotta erroneamente con il termine "canals" (anziché "channels"), che indica solchi creati artificialmente.

Nacque così l'equivoco che portò studiosi come l'americano Percival Lowell (1855-1916), a sostenere che una qualche popolazione marziana avesse costruito complesse opere ingegneristiche, per risolvere problemi di siccità. I canali osservati da Schiaparelli si rivelarono presto illusioni ottiche causate dalla turbolenza atmosferica e dagli strumenti di osservazione. Oggi con canali marziani indichiamo invece i solchi scavati nel pianeta da antichi corsi d'acqua, o dalla sublimazione di ghiaccio secco.

2. Stelle incostanti. Qual è per una stella il modo migliore di attirare l'attenzione? Smettere di brillare, o almeno farlo a intermittenza.

KIC 8462852, un astro a 1400 anni luce da noi soprannominato Tabby (in onore di Tabetha Boyajian, sua scopritrice) è salito alla ribalta a partire dal 2015 per gli improvvisi cali di luminosità, non spiegabili con il transito di un vicino esopianeta.

Così c'è stato chi ha ipotizzato l'esistenza, attorno all'astro, di una megastruttura aliena, costruita da una civiltà talmente avanzata da aver imparato ad oscurare il proprio Sole. Tuttavia, le spiegazioni più probabili vogliono che la stella sia oscurata da una vasta nube di polveri celesti, lasciate dal periodico passaggio di comete o asteroidi, o da un esopianeta con anelli simili a quelli di Saturno.

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Ecco come potrebbe apparire una sfera di Dyson fatta da molte migliaia di satelliti, attorno alla stella di Tabby.
Una sfera di Dyson è una ipotetica enorme struttura di rivestimento che potrebbe essere applicata attorno ad un corpo stellare allo scopo di catturarne l'energia. È stata teorizzata dall'astronomo britannico Freeman Dyson. © Jay Wong

3. I lampi di raggi gamma. Gli intensi lampi di raggi gamma (le radiazioni elettromagnetiche di maggiore energia) provenienti dall'esterno della Via Lattea furono osservate a partire dal 1967 dai satelliti americani Vela, messi in orbita per captare i raggi gamma prodotti da eventuali armi nucleari sovietiche.

Quando questi dati furono declassificati nel 1973, alimentarono speculazioni circa presunti conflitti in corso in galassie lontane.

Oggi si pensa che i gamma ray burst non abbiano un'unica origine ma diverse cause naturali. Possono provenire dal collasso di nuclei di stelle massicce che si trasformano in stelle di neutroni o buchi neri, o dal collasso di stelle di neutroni.

4. Le pulsar. Nel 1967 l'astrofisica britannica Jocelynn Bell, allora dottoranda di ricerca, ascoltando la registrazione di fondo compiuta da un radiotelescopio per lo studio dei quasar, individuò un segnale "ritmico", che pulsava regolarmente (all'incirca una volta al secondo). Lo chiamò ironicamente Little Green Men 1 ("Piccoli omini verdi 1") perché sembrava troppo regolare per provenire da fonte naturale. La sua prima ipotesi suscitò nel grande pubblico un polverone, ma il segnale si rivelò ben presto causato da una pulsar, una stella di neutroni rotante a grandissima velocità, che emette radiazioni come un faro. Per questa scoperta, il relatore di Bell fu premiato con il Nobel per la scoperta, mentre la Bell ricevette soltanto una "pacca sulla spalla".

5. Il segnale Wow!. Il 15 agosto 1977 fu la volta di un altro radiosegnale, lungo ben 72 secondi, proveniente dalla Costellazione del Sagittario. Intercettato dal radiotelescopio BigEar dell'università dell'Ohio, fu chiamato segnale wow!, e interpretato come il messaggio di una civiltà aliena intelligente: era molto vicino ai 1420 megahertz, una frequenza naturalmente emessa dall'idrogeno nello Spazio.

Il segnale chiamato "wow!", da un'annotazione dell'astronomo Jerry Ehman.

Quel segnale non fu ma più captato, e questa unicità alimentò le ipotesi che potesse essere stato lanciato da una civiltà intelligente capace di modulare la frequenza dell'idrogeno e focalizzare il segnale per farlo viaggiare su grandi distanze. Soltanto di recente ha preso corpo l'ipotesi che il radiosegnale sia stato causato dall'interferenza di due comete di passaggio vicino al Sole.

6. I lampi radio veloci. Nel 2007 due astronomi dell'Università della West Virginia individuarono queste emissioni radio rapide che in appena 5 millisecondi rilasciavano una quantità di energia maggiore di quella che il Sole emette in un mese. Da allora sono state trovate almeno 25 fonti di fast radio burst, segnali esterni alla nostra galassia, e qualcuno si è spinto a ipotizzare che possa trattarsi di fasci radio emessi per spingere nello Spazio astronavi generazionali (una sorta di propulsione intergalattica).

L'osservatorio di Perks ha scoperto l'origine di alcuni misteriosi segnali radio che registrava da a
In ascolto. © Roger Ressmeyer/CORBIS

Le suggestive ipotesi sono state rinfrancate dall'unico FRB che si ripete nel tempo, FRB 121102. Le più recenti ipotesi vogliono però che questo sia originato da una stella di neutroni in orbita attorno a un buco nero supermassiccio, una "configurazione" mai trovata prima d'ora.

7. Il nostro DNA. A riprova del fatto che chi vuole vedere gli alieni, riesce a leggerne la presenza anche... vicino a casa, periodicamente c'è chi ipotizza che segnali alieni siano cifrati nella più intima essenza dell'individualità biologica: il nostro codice genetico.

L'idea è stata diffusa nel 2004 dal fisico britannico Paul Davies ma periodicamente ritorna in auge. Ma se proprio vogliamo cercare gli alieni cambiando paradigma, potrebbe convenirci cercarli in mondi sepolti sotto croste di ghiaccio, in epoche passate o sotto forma di virus.

2 febbraio 2018 Elisabetta Intini
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