Le probabilità che un asteroide di grandi dimensioni sia in rotta di collisione con la Terra, e che la collisione sia relativamente prossima (da decenni a secoli), sono basse, perché il cielo è costantemente scandagliato da vari osservatori preposti a fare da sentinelle. Tuttavia, le probabilità, seppure basse non sono nulle - ed è dunque necessario capire come proteggersi da un proiettile vagante nello Spazio, per non fare la fine dei dinosauri. Per evitare di trovarsi impreparati nell'eventualità di uno scenario di possibile collisione, un team di ricercatori da quasi due decenni "spara", con un'apposita pistola, su frammenti e modelli di meteoriti per capire come si comportano all'impatto. Perché la semplice idea di colpirli con forza bruta in stile Armageddon non ha più molti estimatori, tra gli scienziati: nel video qui sopra un "meteorite" colpito da un proiettile nell'ambito dei test, con l'obiettivo di distruggerlo - è evidente la quantità di frammenti che possono comunque investire la Terra.
All'84mo convegno della Meteoritical Society, tenutosi a Chicago nell'agosto del 2021, i ricercatori hanno illustrato il loro studio, spiegando che la capacità di neutralizzare un asteroide dipende molto dalla sua composizione e da come e quante volte lo si colpisce. «Quando negli anni Sessanta si iniziò a considerare seriamente che cosa fare nel caso in cui un asteroide fosse in rotta di collisione, si arrivò all'ipotesi che il metodo migliore sarebbe stato quello di sparargli un proiettile abbastanza grande da frantumarlo in pezzi abbastanza piccoli da bruciare nell'atmosfera terrestre», racconta George Flynn (State University, New York), uno dei ricercatori: «ma oggi gli scienziati si sono resi conto che realizzare un colpo così preciso e diretto non è cosa semplice, anzi, è molto difficile.» Così, lanciargli contro un missile nucleare non sarebbe la soluzione ideale...
Spostarlo è meglio. Oggi si pensa che deviare un asteroide in rotta di collisione sarebbe molto meglio che cercare di distruggerlo - nel senso che le probabilità di successo sarebbero superiori. Per ottenere ciò la strada migliore sta nel far collidere l'asteroide con un oggetto piccolo e poco massiccio: una tale collisione altera solo leggermente la traiettoria, ma se fatta a tempo debito, ossia a una notevole distanza di spazio e tempo dalla Terra, sarebbe sufficiente a evitare la collisione. «Potrebbe mancare la Terra anche solo di un soffio», commenta il planetologo Dan Durda (Southwest Research Institute di Boulder, Colorado), «ma anche un soffio è sufficiente a evitare una catastrofe.
Deflettere un asteroide non richiede una tecnologia fantascientifica, l'abbiamo già.»
Flynn, Durda e altri ricercatori dal 2003 lavorano a un progetto che prevede il lancio di proiettili contro meteoriti per verificare quanta energia è possibile trasferire da un oggetto all'altro per defletterlo senza frantumarlo, «perché se lo rompi in mille pezzi alcuni potrebbero comunque impattare con la Terra, e non saremmo in grado di controllarli».
Ma servono meteoriti! Studi come questo sono stati condotti in passato, ma venivano eseguiti su rocce terrestri, che non sono simili agli asteroidi. Usando meteoriti si ottengono informazioni più realistiche. «Ma il problema – sottolinea Flynn – è convincere il curatore di un museo a darti un grosso pezzo di meteorite da ridurre in polvere...» Nel corso dei lavori i ricercatori hanno sparato a 32 meteoriti, per la maggior parte acquistati da privati (il più grande è stato pagato 900 dollari): erano per lo più condriti carbonacee, ossia meteoriti ricche in carbonio e acqua, e condriti ordinarie, che contengono meno carbonio, ma entrambe rappresentative degli asteroidi più vicini alla Terra e che rappresentano gli oggetti più pericolosi.
Nei siti delle missioni Apollo. Per questo tipo di studio i ricercatori si sono rivolti all'Ames Vertical Gun Range della NASA, in California, laboratorio costruito negli Anni Sessanta dove si sparavano proiettili in sabbie simili a quelle lunari per capire come si formarono i crateri sulla Luna. È una struttura con strumenti in grado di sparare proiettili a oltre 6 chilometri al secondo. All'interno di una camera isolata, dove prima del test veniva fatto il vuoto per simulare le condizioni dello spazio, Flynn, Durda e colleghi appendevano i campioni di meteoriti contro cui sparavano biglie d'acciaio del diametro da pochi millimetri fino a mezzo centimetro, e grazie a telecamere capaci di registrare fino a 71.000 fotogrammi al secondo hanno ripreso più e più volte cosa succedeva, con l'obiettivo di calcolare tutti i parametri di un colpo mirato a deviare il meteorite senza frantumarlo.
Nel video qui sotto: il "meteorite" è deviato dal proiettile, ed è evidente la riduzione del numero di frammenti, e di conseguenza anche dei rischi per la Terra.
A colpetti... In questo modo hanno scoperto che le condriti carbonacee tendono a frammentarsi più facilmente di quelle ordinarie. «I nostri test mostrano che se un vero asteroide ricco di carbonio fosse in rotta di collisione con la Terra sarebbe necessario dargli una serie di spinte delicate, piuttosto che una sola molto violenta, per evitare che si disintegri», conclude Flynn.
Il prossimo anno si farà un esperimento reale: si tenterà di deviare il piccolo satellite (Didymoon, di circa 160 metri) di un asteroide grande circa 780 metri (Didymos). La missione, chiamata DART, da Double Asteroid Redirection Test, in partenza nel novembre del 2021, è condotta dalla NASA. Nel frattempo si stanno elaborando scenari di quel che potrebbe accadere, per confrontarli poi con ciò che accadrà con l'impatto pilotato della sonda DART su Didymonn a 21.000 km/h circa (5,8 km/sec): in ogni caso, data la distanza con la Terra, non vi è alcun pericolo che il piccolo oggetto possa deviare verso di noi. «Questi esperimenti sono molto importanti», dichiara Nancy Chabot, a capo della missione DART: «perché se deviare un asteroide è una di quelle cose che vorremmo non dover mai fare, non possiamo escludere che la Terra possa trovarsi sulla traiettoria di un oggetto che vaga nello Spazio e di cui ancora non conosciamo l'esistenza. Dobbiamo essere pronti a questa evenienza.»