Spazio

Scoperto il più lontano buco nero di origine stellare

Un buco nero scoperto nella galassia a spirale NGC 300 stabilisce un nuovo record di distanza per oggetti di questo genere. Si trova infatti a 6 milioni di...

Un buco nero scoperto nella galassia a spirale NGC 300 stabilisce un nuovo record di distanza per oggetti di questo genere. Si trova infatti a 6 milioni di anni luce da noi, e con una massa 20 volte superiore a quella del Sole è anche il secondo buco nero di origine stellare più massiccio finora conosciuto. Il buco nero da record è stato scoperto dagli astronomi dell'Osservatorio Australe Europeo (ESO, Cile) utilizzando il Very Large Telescope (VLT).

I buchi neri di tipo stellare sono ciò che rimane di stelle massicce (con massa superiore ad almeno 10 masse solari) che al termine della loro breve evoluzione collassano improvvisamente ed esplodono come supernovae. Al contrario, i buchi neri supermassicci che si trovano nel centro delle galassie, la cui massa è compresa tra milioni o addirittura miliardi di volte quella del Sole, hanno un’origine diversa e c’è ragione di credere che influenzino profondamente la loro evoluzione. La nuova scoperta porta il numero di buchi neri conosciuti con massa superiore a 15 volte quella del Sole a 3, ma i 20 finora scoperti nella nostra Galassia non superano le 10 masse solari.

L’immagine a destra mostra la spettacolare galassia a spirale NGC 300, mentre in quella a sinistra al centro del cerchietto è visibile il sistema binario di cui fa parte il buco nero supermassiccio di tipo stellare denominato NGC 300 X-1. Quest’ultima immagine è stata ottenuta con lo strumento FORS2 del VLT.


A parte la sua imponente mole e la sua grande distanza, il buco nero fa parte di un sistema binario in cui l’altro componente è una stella di tipo Wolf-Rayet, una stella estremamente calda e massiccia (circa 20 masse stellari), che produce venti stellari molto forti, con velocità superiori a 2.000 km/s, e caratterizzati da una forte emissione di polveri. Anche questa stella tra non molto (in tempi scala astronomici) esploderà come supernova e darà origine ad un altro buco nero.

I primi indizi sull'esistenza di questa strana coppia sono venuti nel 2007 con le osservazioni effettuate dall’osservatorio orbitante della NASA Swift, che rilevò un’intensa sorgente variabile di raggi X nella galassia NGC 300, un chiaro segno della presenza di un buco nero.

Adesso, utilizzando lo strumento FORS2 (FOcal Reducer and low dispersion Spectrograph) del VLT, l’esistenza del buco nero è stata confermata, e dettagliate osservazioni hanno rivelato che la coppia orbita attorno al comune baricentro con un periodo di 32 ore. Inoltre, il buco nero sta “risucchiando” notevoli quantità di materia dalla stella Wolf-Rayet.

I sistemi binari formati da un buco nero e da una stella compagna non sono rari, ma solo un altro con caratteristiche simili a questo tipo è finora conosciuto. Tuttavia, si sta iniziando a intravedere una connessione tra la massa del buco nero e la chimica della galassia. E’ stato notato, infatti, che i buchi neri più massicci tendono ad essere presenti nelle galassie più piccole, dove gli elementi 'pesanti' sono meno abbondanti. Gli elementi chimici pesanti sono quelli più pesanti dell'elio, come l'ossigeno, silicio e carbonio. Nelle galassie di grandi dimensioni, dove questi sono più abbondanti, come la Via Lattea, esistono invece buchi neri con masse più piccole. In altre parole, una maggiore concentrazione di elementi pesanti aumenta la quantità di materia che le stelle espellono nello spazio durante le loro fasi evolutive finali, di conseguenza quando il corpo stellare collassa ed esplode come supernova il buco nero risultante è meno massiccio.

Ma quale sarà il futuro di questa strana coppia? Entro il prossimo milione anni, secondo quanto risulta dalla teoria dell’evoluzione stellare e dei modelli, la stella Wolf-Rayet esploderà anch’essa come supernova e collasserà in un buco nero. Se il sistema sopravviverà a questa seconda esplosione, i due buchi neri nel giro di pochi miliardi di anni si fonderanno emettendo grandi quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali.

29 gennaio 2010 Mario Di Martino
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