Grazie a recenti osservazioni attraverso il Very Large Telescope, un gruppo di astronomi è riuscito a scoprire le testimonianze lasciate dall'esplosione delle prime stelle che si formarono nell'Universo: un'osservazione mai effettuata prima. Spiega Andrea Saccardi, dottorando presso l'Observatoire de Paris - PSL, che ha condotto questa ricerca: «Per la prima volta si è riusciti ad identificare le tracce chimiche delle esplosioni delle prime stelle in nubi di gas molto distanti».
Osservazione indiretta. In effetti gli astronomi non hanno osservato direttamente le stelle, bensì le nubi di gas la cui composizione è molto simile a quella che ci si aspetta da esplosioni stellari di tempi lontanissimi.È infatti opinione comune tra gli astronomi che le prime stelle che si formarono nell'Universo, quando apparvero circa 13,5 miliardi di anni fa, fossero diverse da quelle che si sono formate in tempi più vicini a noi.
Quelle stelle primordiali contenevano soprattutto idrogeno ed elio, gli elementi più semplici in natura che, tra l'altro, furono i primi a formarsi dopo il Big Bang. Erano stelle inoltre molto più massicce del Sole, addirittura decine se non centinaia di volte, anche se avevano una vita più corta rispetto a quelle attuali e morivano con potenti esplosioni che davano origine a quelle che oggi chiamiamo supernove. Ma proprio grazie a quelle esplosioni si formavano nuovi elementi chimici più pesanti che venivano poi inglobati nelle stelle di successive generazioni.
Dentro le nubi. Quelle primissime stelle sono ormai scomparse da tempo quindi è difficilissimo studiarle. L'unica strada percorribile per farlo ècercare e studiare le nubi di elementi chimici che proprio esse hanno disperso nell'ambiente durante la loro morte. Ed è proprio ciò che hanno fatto i ricercatori che hanno pubblicato la loro scoperta su Astrophysical Journal. Il gruppo di astronomi è riuscito ad individuare tre nubi di gas molto distanti tra loro, nubi che si formarono quando l'Universo aveva solo il 10-15 per cento dell'età attuale. All'interno delle nubi prodotte al momento dell'esplosione vennero emesse grandi quantità di elementi chimici, come carbonio, ossigeno e magnesio, elementi che sono stati trovati dall'indagine appena svolta.
Tra l'altro in queste nubi sono stati osservati altri elementi come ad esempio il ferro, che può formarsi anch'esso durante la formazione di una supernova. Ma la sua presenza è in quantità assai ridotte, aspetto che conferma che le stelle sono antichissime.
«La nostra scoperta apre nuove strade per studiare indirettamente la natura delle prime stelle, completando a pieno gli studi sulle stelle della nostra galassia», spiega Stefania Salvadori, dell'Università di Firenze e coautrice dello studio.
Con fari di luce. Per avere un'idea della complessità della ricerca va detto che per rilevare e studiare queste nubi di gas distanti, l'equipe ha utilizzato fari di luce noti come quasar, sorgenti molto luminose alimentate da buchi neri supermassicci al centro di galassie lontane. La luce di un quasar, viaggiando per l'Universo, ha attraversato quelle nubi di gas così che i diversi elementi chimici hanno lasciato un'impronta sulla luce dei vari elementi chimici.