Il suo nome è difficile da ricordare ma la sua età resta ben impressa: z8_GND_5296 è la galassia più distante (e la più vecchia) mai osservata finora.
Guardarla è un po' come affrontare un vertiginoso viaggio indietro nel tempo: la sua luce ha impiegato 13 miliardi e 100 milioni di anni per arrivare fino a noi e la vediamo, perciò, così come si presentava appena 700 milioni di anni dopo il Big Bang, evento che, in base alle stime degli scienziati, sarebbe da collocarsi intorno ai 13,8 miliardi di anni fa.
La scoperta appena pubblicata su Nature si deve ai dati del
telescopio Hubble e del Keck Observatory delle isole Hawaii, e
all'equipe internazionale di astronomi che li ha interpretati: un gruppo
guidato da Steven Finkelstein, ricercatore dell'Università del Texas,
che vede anche la partecipazione dell'italiano Adriano Fontana,
astronomo dell'INAF-Osservatorio di Roma.
Poiché la luce viaggia a una velocità di circa 300 mila chilometri al secondo, e impiega perciò tempo per arrivare fino a noi, quando gli astronomi osservano oggetti molto distanti, li vedono così come apparivano in passato: z8_GND_5296 ci appare, quindi, con l'aspetto che doveva avere quando l'Universo si trovava ad appena il 5% del suo viaggio. E non è tutto.
«Non solo z8_GND_5296 è la galassia più vicina al Big Bang mai scoperta, ma è anche sorprendentemente piena di elementi pesanti formati in generazioni precedenti di stelle» spiega Adriano Fontana, tra gli autori dello studio «evidentemente, sebbene sia così vicina al Big Bang ha una storia interessante alle spalle».
z8_GND_5296 è stata selezionata insieme ad altre 42, tra 100 mila antiche galassie monitorate nell'ambito del programma CANDELS (Cosmic Assembly Near-infrared Deep Extragalactic Legacy Survey) di Hubble, una ricerca finalizzata all'osservazione dell'Universo profondo grazie a due telecamere nel vicino infrarosso a bordo del telescopio spaziale.
Le 43 candidate al titolo di "galassia più distante", scelte in base a un'analisi preliminare del loro colore nelle immagini di Hubble, sono poi state sottoposte alla spettrografia, una tecnica di analisi della luce che rileva il cosiddetto redshift, lo spostamento verso il rosso (quindi verso le frequenze minime) delle lunghezze d'onda nello spettro luminoso emesso da un oggetto celeste: un fenomeno dovuto all'espansione dell'Universo (e al conseguente allontamento degli oggetti più antichi).
Le analisi spettrografiche effettuate con il telescopio Keck hanno confermato che il redshift di z8_GND_5296 è più spiccato di quello della precedente detentrice del record: è quindi questa la galassia più lontana mai osservata.
In futuro, ipotizzano gli astronomi, scoperte come questa saranno più frequenti, anche grazie al telescopio spaziale James Webb della Nasa (JWST), il cui lancio è previsto per il 2018, e a una nuova generazione di telescopi di terra.
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