Il prossimo novembre raggiungerà, prima donna astronauta italiana nella storia, la Stazione Spaziale Internazionale, e resterà a bordo per sei mesi per condurre esperimenti, in quelle particolari condizioni di assenza di peso, per ampliare il nostro bagaglio di conoscenza nei campi più diversi, dalla fisiologia umana alla tecnologia per la stampa di oggetti 3D.
Ieri, nella sede dell'ASI (la "NASA italiana"), Samantha Cristoforetti ci ha raccontato come si sta preparando a questa missione, che la vedrà raggiungere la stazione a bordo di una navetta russa (Soyuz) lanciata dalla base spaziale kazaka di Baikonur.
La preparazione
«Gli ultimi mesi che precedono la partenza» ci ha spiegato la nostra astronauta «sono dedicati ad affinare quotidianamente l'addestramento e sono anche quelli in cui, più che in ogni altro periodo, dobbiamo evitare di mettere a repentaglio la nostra salute e la nostra integrità. Questo significa, per esempio, che lo scorso inverno ho dovuto rinunciare a una delle mie passioni, che è sciare».
Il "tema" che la Cristoforetti ha scelto per la missione Futura (questo il nome che ha scelto grazie a un brainstorming lanciato su Twitter) è l'alimentazione. O meglio, capire «come cibo e corpo interagiscano tra loro, e come determinati squilibri finiscano per creare le condizioni affinché, magari anche a lungo termine, nell'organismo insorgano determinate malattie».
E da questo punto di vista la ISS è un banco prove straordinario, perché l'assenza di peso e di luce, e la "ricchezza" di anidride carbonica creano un ambiente ad alto tasso di stress per gli astronauti, accelerando i processi di invecchiamento, quasi come in una macchina del tempo.
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Espresso e... bagagli
Una grande novità di questa missione è che gli astronauti potranno finalmente godersi il caffè espresso. «Non è solo un fatto legato al costume» ha raccontato la Cristoforetti «perché creare una "macchina" in grado di riprodurre, in quelle particolari condizioni, la temperatura e la pressione richieste non era un'operazione banale».
Ovviamente, non si parlerà solo di nutrizione a bordo. Tra gli esperimenti in programma c'è la prova di una stampante 3D (un normalissimo modello open source) finalizzata a capire se la stampa di oggetti tridimensionali potrà davvero essere impiegata, in futuro, per realizzare direttamente a bordo alcuni pezzi di strumentazione partendo da un semplice disegno in versione digitale.
E qualcosa di personale? «Ognuno di noi astronauti» ha chiarito Samantha «ha diritto a un chilo e mezzo di peso... per sé. Io porterò qualche oggetto familiare, regalini di amici, un paio di scarpe comode e una bandiera speciale. Quella del WeFly, il team di volo acrobatico formato da piloti disabili che ci fanno capire come spesso imponiamo, a noi e agli altri, limiti che derivano da carenze della nostra immaginazione. Loro dimostrano che è possibile spiccare il volo e vedere cosa c'è oltre quei limiti!».
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