Nell'estate del 2018, dopo un viaggio di 300 milioni di chilometri durato 1.302 giorni, la sonda Hayabusa-2 ha raggiunto l'asteroide Ryugu, un piccolo oggetto di 850 metri circa di diametro: da allora, la sonda giapponese è scesa con successo due volte su 162173 Ryugu, per prelevare campioni da riportare a Terra (nel 2020).
A bordo della sonda c'era il robot franco-tedesco MASCOT, un oggetto di 10 kg grande quanto un forno a microonde, dotato di quattro strumenti. Il 3 ottobre 2018 MASCOT, gestito dal Centro aerospaziale tedesco (DLR) di Colonia, si separò dalla sonda quando questa si trovava a 41 metri dall'asteroide, è atterrato con successo e per 17 ore ha condotto esperimenti muovendosi come una cavalletta tra i grandi massi in superficie. In un lavoro che riassume i dati (pubblicato su Science), i ricercatori definiscono Ryugu come un "mucchio di macerie" costituito da due diversi tipi di rocce, tutte quasi nere, con poca coesione interna.
Attenti! «Se Ryugu o un altro asteroide simile dovessero avvicinarsi alla Terra al punto da diventare un serio rischio, e si dovesse fare un tentativo per dirottarli, bisognerebbe procedere con grande cura. Perché colpendolo con forza l'intero asteroide, del peso di circa mezzo miliardo di tonnellate, si spezzerebbe in numerosi frammenti: molte singole parti incontrollabili, del peso di diverse tonnellate l'una, che potrebbero impattare sulla Terra», afferma Ralf Jaumann, dell'Istituto di ricerca planetaria di Berlino.
La natura dell'asteroide è molto simile a quella delle meteoriti carbonacee trovate sulla Terra e risalenti a 4,5 miliardi di anni fa. Con una densità media di soli 1,2 grammi per centimetro cubo, Ryugu è solo un po' più "pesante" del ghiaccio d'acqua.
Ma poiché l'asteroide è composto da numerosi pezzi di roccia di diverse dimensioni, significa che gran parte del suo volume dovrebbe essere cavo, cosa che renderebbe questo corpo a forma di diamante estremamente fragile.
I massi, che si possono ben vedere nelle immagini acquisite dalla fotocamera di MASCOT durante la discesa e sulla superficie sono per lo più scuri, tra i 10 centimetri e il metro di larghezza. In media, Ryugu riflette solo il 4,5% della luce solare incidente, una quantità paragonabile alla riflessione del carbone, rendendolo tra gli oggetti più scuri del Sistema Solare.
Mix di roccia. I due tipi di roccia osservati sono distribuiti approssimativamente allo stesso modo sulla superficie dell'asteroide. Ciò suggerisce due possibili origini: «Ryugu potrebbe essersi formato dalla collisione di due corpi di composizione diversa», spiega Ralf Jaumann: «che hanno dato origine all'oggetto che vediamo oggi. Oppure, l'asteroide potrebbe essere ciò che resta di un singolo corpo che si è frantumato, le cui zone interne presentavano condizioni di temperatura e pressione diverse, determinando così la formazione di due tipi di roccia».
Mondo senza polvere. Non senza sorpresa, Ralf Jaumann e il suo team hanno rilevato una totale mancanza di polvere sulla superficie: «Ryugu è disseminato di massi, ma non c'è traccia di polvere. Dovrebbe essercene, prodotta dal bombardamento dell'asteroide da parte dei micrometeoriti per miliardi di anni. È possibile che, data la gravità molto bassa, appena un sessantesimo di quella sulla Terra, la polvere sia scomparsa nelle cavità dell'asteroide, o che si sia dispersa nello Spazio».