Spazio

Rosetta: la cometa è coperta di molecole organiche

La cometa 67/P Churyumov Gerasimenko è ricca di composti organici presenti negli amminoacidi, i mattoni della vita.

La cometa 67/P Churyumov Gerasimenko è scurissima, povera di ghiaccio d'acqua sulla sua superficie ma ricca di composti organici presenti negli amminoacidi, i mattoni della vita. Questi in estrema sintesi i primi risultati sulle proprietà della superficie del nucleo della cometa 67/P, pubblicati in un articolo sull'ultimo numero della rivista Science. Risultati ottenuti grazie ai dati raccolti tra agosto e dicembre 2014 dallo spettrometro a immagini italiano VIRTIS (Visual, Infra-Red and Thermal Imaging Spectrometer) a bordo della sonda Rosetta, dell'Agenzia Spaziale Europea.

I mattoni della vita. La scoperta più rilevante è la presenza di composti organici macromolecolari, osservati sulla totalità della superficie del nucleo di 67/P. Alcuni di questi composti sono assimilabili a polimeri di acidi carbossilici, presenti negli amminoacidi. Amminoacidi sono già stati osservati in materiali cometari e in meteoriti primitive, ma questa è la prima volta che simili composti vengono rilevati direttamente sulla superficie di un nucleo cometario. Inoltre, la copertura globale della superficie lascia supporre che tali composti fossero presenti in abbondanti quantità nel materiale che è stato assemblato fino a formare il nucleo cometario.

La copertina di Science dedicata alle ricerche scientifiche sulle scoperte di Rosetta: la presenza di molecole organiche in superficie e la conformazione geologica della cometa. Guarda anche la storia della foto di copertina

«La formazione di tali composti richiede la presenza di ghiacci di elementi molto volatili, come metanolo, metano o monossido di carbonio, che solidificano solo a basse temperature», spiega Capaccioni. «La regione di formazione doveva trovarsi quindi a grande distanza dal Sole nelle prime fasi di formazione del Sistema solare. Ciò fa supporre che ci troviamo effettivamente in presenza di una cometa che contiene al suo interno tracce dei composti primordiali o addirittura precedenti alla formazione del nostro Sistema solare.»

Un'altra sorpresa arriva dalla misura dell'albedo della cometa, ossia la quantità di luce solare riflessa dalla superficie del nucleo, che è solo del 6% (la Luna ha un albedo circa doppio): è dunque uno degli oggetti più scuri del Sistema Solare. Un potere riflettente cosi basso indica che sulla superficie della cometa sono presenti minerali opachi alla radiazione (per esempio solfuri ferrosi) e composti contenenti carbonio. Suggerisce inoltre che la presenza di ghiaccio d'acqua negli strati più superficiali del nucleo è limitata o assente. «Questo non significa che la cometa non sia ricca d'acqua, ma soltanto che i primi strati - un millimetro o poco più di spessore - non contengono ghiaccio», commenta Fabrizio Capaccioni, ricercatore dell'INAF-IAPS di Roma, Principal Investigator di VIRTIS e primo autore dell'articolo su Science. «Ciò è legato alla storia evolutiva recente della cometa: i ripetuti passaggi nelle vicinanze del Sole determinano la sublimazione del ghiaccio dalla superficie».

Note

VIRTIS (Visual, Infra-Red and Thermal Imaging Spectrometer) è stato realizzato da un consorzio internazionale italo-franco-tedesco sotto la responsabilità dell'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell'INAF e con il contributo italiano finanziato dall'ASI, Agenzia Spaziale Italiana.

Nel team internazionale di ricercatori che ha condotto lo studio su Science, oltre Fabrizio Capaccioni, fanno parte anche i colleghi dell'INAF Gianrico Filacchione, Maria Cristina De Sanctis, Maria Teresa Capria, Federico Tosi, Priscilla Cerroni, Andrea Raponi, Mauro Ciarniello, Ernesto Palomba, Eleonora Ammannito, Giancarlo Bellucci, Gianfranco Magni, Giuseppe Piccioni, Alessandro Frigeri, Davide Grassi, Andrea Longobardo, Marco Cartacci, Andrea Cicchetti, Stefano Giuppi, Raffaella Noschese e Romolo Politi (tutti dell'INAF-IAPS di Roma), Vito Mennella (INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte), Gian Paolo Tozzi (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri) e Roberto Orosei (INAF-IRA Bologna).

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22 gennaio 2015
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