Per la seconda volta in poche ore Philae ha contattato Rosetta e ha scaricato informazioni per circa 10 secondi. Poco, tuttavia, rispetto agli oltre 8000 singoli pacchetti di dati (complessivamente equivalenti a una fotografia in bassa risoluzione) che sembrano essere nella disponibilità del lander, che si è risvegliato lo scorso 13 giugno dopo 7 mesi di ibernazione.
Cosa fare allora per non perdere queste informazioni e per comunicare con il piccolo robot? Il primo passo deciso al centro dell’Esa di Darmstadt, dove si tengono le comunicazioni con Rosetta, è quello di far scendere di orbita la sonda madre fino a 180 km dalla superficie della cometa Churyumov-Gerasimenko. Un’operazione che potrebbe iniziare nelle prossime ore e terminare verso la fine della settimana. In questo modo le comunicazioni tra Rosetta e Philae potrebbe essere più forti e chiare. E questo potrebbe permette anche di trovare Philae, la cui posizione è solo presunta.
Temperatura ottimale. In questo modo si potrà comunicare meglio con il lander e soprattutto inviargli ordini da Terra. Fino a questo momento, infatti, è stato solo Philae a trasmettere comunicazioni al centro di controllo e non viceversa. Ma ora per Philae, che sembra attivo e operativo, è giunto il momento di mettersi al lavoro, anche perché la cometa si sta sempre più avvicinando al Sole e questo gli permette di ricaricare con maggiore facilità le batterie di bordo grazie ai suoi pannelli solari.
«Tra le informazioni che Philae ci ha inviato vi sono i dati della temperatura al suo interno, attorno ai -5 °C, ottimale per mettere in movimento gli strumenti», ha spiegato Stephan Ulamec, responsabile del lander. Il massimo avvicinamento al Sole lo si avrà a metà agosto, poi la cometa riprenderà il cammino che la porterà oltre l’orbita di Marte. A quel punto le temperature scenderanno così tanto da mettere fuori uso tutti gli strumenti.
Ecco gli ordini. Le prime operazioni che Philae dovrà eseguire saranno di raccolta dati sulle temperature esterne e sulla presenza di campi magnetici. Poi gli si chiederà di scattare fotografie, che si spera potranno darci migliori indicazioni di ciò che lo circonda.
Finora, infatti, da Philae abbiamo solo una manciata di immagini che mostrano pochi particolari del luogo dell’atterraggio, essendoci molte parti in ombra. Ma con l’avvicinarsi al Sole queste potrebbe essere maggiormente illuminate.
Poi si passerà ad analizzare l’ambiente che lo circonda, “annusando” le particelle che si sollevano dalla superficie.
Certamente però tutti si aspettano di poter utilizzare il trapano di bordo per carotare la superficie e studiare campioni di suolo dal mini laboratorio interno di Philae. «Per queste operazioni bisogna però aspettare che le batterie siano cariche al massimo», ha detto Ulamec.
Per questa operazione, però, deve essere verificata una condizione ancora più importante, ossia che il trapano possa arrivare al suolo. Perché nelle poche immagini che arrivarono a Terra prima che Philae si addormentasse sembrava che il lander si trovasse in una posizione fortemente inclinata, con una "zampa" sollevata e rivolta verso l’alto. Se realmente fosse così non è detto che il perforatore riesca ad arrivare alla superficie.
Il rischio di Rosetta. Il primo passo, dunque, è quello di fare scendere Rosetta di orbita: un’operazione non priva di rischi. Il principale sta nel fatto che la polvere che si solleva sempre di più dalla cometa con l’avvicinarsi al Sole (che adesso si trova a circa 215 milioni di chilometri) può confondere gli strumenti che tracciano la posizione della sonda utilizzando le stelle, e ciò potrebbe creare gravi problemi di orientamento.
Quando Rosetta venne fatta scendere fino a pochi chilometri dalla superficie il problema si pose seriamente ed è per questo che è stata innalzata velocemente a oltre 200 km di quota. Il programma era di non farla scendere di nuovo fin dopo il passaggio ravvicinato al Sole, ma adesso la speranza di consolidare il contatto con Philae vale il rischio.
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