Ciò che sin dalla scoperta di vasti laghi di metano e di etano sul più grande satellite di Saturno, Titano, aveva reso perplessi gli scienziati planetari era il fatto che questi depositi di idrocarburi liquidi appaiono essere 20 volte più estese nell'emisfero settentrionale che in quello meridionale. In un primo momento si era pensato a una diversa configurazione topografica, ma le immagini del Synthetic Aperture Radar (SAR) della sonda Cassini, partita 12 anni fa e che da oltre 5 anni sta esplorando il sistema di Saturno, lo hanno escluso, rivelando che la morfologia del terreno è simile, sia a nord che a sud. Un’altra ipotesi prendeva in considerazioni le variazioni stagionali di temperatura. L’orbita ellittica di Saturno intorno al Sole espone alcune parti di Titano a quantità maggiori di luce solare, che incidono sui cicli di precipitazione ed evaporazione del metano. Durante l’estate australe, Titano si trova il 12% più vicino al Sole rispetto all’estate boreale. Come risultato le estati al nord sono più lunghe e miti, quelle a sud più brevi e intense. In questa configurazione orbitale, la differenza tra evaporazione e precipitazioni non è uguale nelle diverse stagioni. Ciò significa che vi è un trasporto netto di metano ed etano dall’emisfero meridionale a quello settentrionale. Questo squilibrio provocherebbe quindi un accumulo di questi idrocarburi, e quindi la formazione di un maggior numero di laghi nell'emisfero settentrionale. Un anno su Titano corrisponde a 29 anni e mezzo sulla Terra. L’estate dura perciò 15 anni, altrettanti l’inverno (attualmente è appena iniziata l'estate settentrionale), un tempo troppo breve per svuotare bacini di una miscela liquida di idrocarburi profondi centinaia di metri e a temperature inferiori ai -180 °C.
L’immagine mostra gli emisferi nord e sud di Titano in cui è chiaramente visibile l’abbondanza di laghi di idrocarburi (macchie azzurre) in quello settentrionale e la loro scarsità in quello meridionale. Questa differenza dipende dall’orbita di Saturno. E’ la prova di cambiamenti climatici in un altro oggetto del Sistema Solare, analoghi ai cicli climatici di Milankovitch della Terra.
Sarebbero in gioco, invece, processi molto più lunghi che chiamano in causa l’eccentricità dell’orbita di Saturno. Proprio come le variazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre contribuiscono al verificarsi di glaciazioni ogni 100 mila anni circa, così su Titano avvengono cicli climatici della durata di circa 45.000 anni. Questi cicli non provocano glaciazioni, ma la migrazione dei laghi di idrocarburi. E’ come se sulla Terra l’acqua dei grandi laghi dell’emisfero boreale evaporasse e si riversasse nell’emisfero meridionale a riempire nuovi bacini d’acqua, e che migliaia di anni dopo il processo si ripetesse all’inverso.
Il più grande satellite di Saturno, quindi, subisce delle variazioni climatiche sulla scala delle decine di migliaia di anni dovute al suo moto orbitale. Sul nostro pianeta, queste variazioni, note come “cicli di Milankovitch”, sono correlate alla redistribuzione dell'acqua sotto forma di ghiacci e sono responsabili dei cicli glaciali. Su Titano, invece, questi cicli climatici di lunghissimo termine coinvolgono il movimento globale del metano e dell’etano che vanno a formare laghi e bacini. Per la prima volta, perciò, abbiamo trovato un esempio di cambiamento climatico analogo a quello dei cicli terrestri di Milankovitch su un altro oggetto del Sistema Solare.
Questa è la situazione che fotografiamo oggi, grazie ai dati raccolti della sonda Cassini che anche recentemente ci ha regalato spettacolari immagini delle aurore di Saturno.