Ex membro del "club dei 9" del Sistema Solare, dal 2006 Plutone è stato "declassato" da pianeta a pianeta nano. Una misera fine che a molti non è mai piaciuta, vuoi per abitudine, vuoi per ragioni affettive, vuoi perché avevano già imparato a memoria i nomi dei 9, dal più vicino al Sole al più lontano... A contestare il declassamento si sono però adesso aggiunti gli astronomi della Universiy of Central Florida: secondo la loro ricerca, i criteri per definire "pianeta" un oggetto celeste, stabiliti dall'Unione Astronomica Internazionale, sarebbero quantomeno discutibili.
La definizione dell'UAI (quella che nel 2006 cacciò Plutone dal club) vuole che un pianeta, per essere tale, debba soddisfare tre requisiti: essere abbastanza massiccio perché la sua gravità gli conferisca una forma tondeggiante; orbitare intorno al Sole; e (attenzione) dominare la propria orbita, ovvero aver sgomberato la sua "zona" di Sistema Solare da altri corpi celesti.
Escluso! Il resto è storia: Plutone, condividendo la sua orbita con tanti altri piccoli oggetti trans-nettuniani, perse il suo status di pianeta. Questa decisione fu subito criticata, prima dagli appassionati, ma ora al coro si è appunto unita la squadra di astronomi capitanata da Philip Metzger, planetologo del Florida Space Institute.
Il team ha indagato le basi storiche del requisito della dominanza orbitale. Soprattutto, ha preso in esame un "precedente" storico, simile all'attuale.
Asteroidi e pianeti nani. Nella prima metà del 1800, le continue scoperte di nuovi piccoli "pianeti" (Cerere, Vesta, Pallade...) fecero storcere il naso agli astronomi. I quali, per non avere decine di nuovi pianeti, classificarono i nuovi arrivati come asteroidi. Allo stesso modo, le recenti scoperte di tanti oggetti simili a Plutone (Haumea, Makemake, Sedna...) hanno spinto gli astronomi a creare lo scatolone "pianeta nano" in cui stipare questi corpi celesti (oggi solo 5, ma destinati ad aumentare sempre più).
(Ir)rilevanza storica. Tuttavia, come puntualizza Philip Metzger, negli ultimi due secoli il requisito di dominanza orbitale non ha mai avuto importanza - tranne in una singola pubblicazione del 1804. Storicamente gli astronomi hanno invece tracciato una linea di confine basandosi sulla complessità e sulla composizione del corpo celeste, non su un parametro estrinseco e mutevole come la quantità di sassi spaziali nella sua orbita.
«La categorizzazione dell'UAI dice che i pianeti devono essere definiti sulla base di un concetto che in ambito di ricerca non usa nessuno», dichiara Metzger, «e che lascerebbe fuori il secondo pianeta più complesso e interessante del Sistema Solare". Inoltre, continua il planetologo, «abbiamo una lista di più di 100 esempi recenti di planetologi che usano la parola "pianeta" in un modo che viola la definizione dell'UAI, ma lo fanno lo stesso perché è funzionalmente utile».
Born in Usa. Forse però fra i motivi delle proteste c'è anche del banale campanilismo: Plutone è infatti l'unico (ex)pianeta scoperto da uno statunitense, l'astronomo Clyde Tombaugh. Per altri è una questione di principio, come per un personaggio della serie animata Rick and Morty, che ha un intero episodio dedicato alla questione Plutone.
Una cosa è certa: qualunque sia la categoria con cui decideremo di etichettarlo, Plutone rimane un oggetto affascinante e sorprendente. Le immagini della sonda New Horizons hanno svelato un mondo estremamente complesso e variegato. Forse sono state proprio queste immagini a spingere Alan Stern, il responsabile della missione New Horizons, a unirsi al team di Metzger in questa campagna di riabilitazione planetaria.