Mentre la scoperta di nuovi pianeti al di là del Sistema Solare è ormai routine, portare alla luce qualcosa di più e di nuovo su ciò che può avvenire su di un esopianeta non è notizia di tutti i giorni. Nel 2018 venne scoperto il pianeta K2-141b, a circa 200 anni luce da noi, grazie al telescopio spaziale Hubble e a un gruppo di astronomi guidati da Luca Malavolta (INAF di Padova). Un pianeta roccioso, simile alla Terra per dimensioni e composizione, ma che a differenza della Terra ruota molto vicino alla sua stella madre (una nana arancione con temperatura superficiale di circa 4500 °C e una massa del 70 per cento di quella del Sole), tanto vicino che per compiere un'orbita impiega meno di 7 ore.
Condizioni infernali. La vicinanza fa sì che il pianeta sia in blocco gravitazionale e mostri sempre la stessa faccia alla stella, un po' come succede tra la Luna e la Terra. Circa due terzi della sua superficie sono costantemente esposti alla stella: il lato notturno registra temperature inferiori a -200 °C, mentre il lato illuminato arriva a 3.000 °C, temperatura sufficiente a fondere le rocce e a vaporizzarle, creando in alcune aree un'atmosfera rocciosa.
La temperatura fa pensare che in superficie vi siano oceani di lava fusa, che dai calcoli presentati in uno studio avrebbero fino a 100 chilometri di profondità, e venti indescrivibili, che potrebbero raggiungere anche i 5.000 chilometri all'ora - come suggeriscono l'effetto Doppler e l'analisi spettroscopica.
Il vapore di lava a un certo punto condensa e ricade al suolo come pioggia, ma di rocce - monossido di silicio e biossido di silicio - che i venti trasportano anche sul lato oscuro del pianeta. Spiega Giang Nguyen (York University, Canada), che questa ricerca «è un primo passo per riuscire a studiare il meteo, e persino fare previsioni meteo per esopianeti come K2-141b; in questo modo mettiamo alla prova i nostri modelli su condizioni che potranno però essere confermate solamente dai telescopi di nuova generazione che verranno lanciati nei prossimi anni, primo tra tutti il James Webb Space Telescope».