Con l'ammaraggio della navicella Orion l'11 dicembre 2022, il ritorno sulla Luna sembrava sempre più vicino: il programma Artemis prevedeva inizialmente di riportare l'uomo in orbita lunare nel 2024 e sul suolo del nostro satellite naturale nel 2025, un traguardo ambizioso che richiede molto denaro e molti anni per essere raggiunto. Al punto che, per una serie di ritardi sulla tabella di marcia, è ormai chiaro che questi obiettivi saranno raggiunti, a essere ottimisti, con un anno di ritardo.
Considerando le difficoltà che stiamo fronteggiando per tornare sul nostro satellite, potrebbe sembrare quasi impossibile il fatto che dodici astronauti siano riusciti ad allunare negli anni Sessanta del secolo scorso. Ecco cosa rese fattibile l'impresa, e perché, ora che vorremmo ripeterla, stiamo impiegando più tempo.
Soldi. Sembra banale, ma il primo fattore che ha impedito per anni agli astronauti di tornare sulla Luna è la mancanza di fondi. La missione Apollo costò agli Stati Uniti il corrispettivo di 120 miliardi di dollari attuali: nonostante i fondi destinati alla Nasa siano aumentati negli ultimi anni, passando dai 21,5 miliardi del 2019 ai 24 miliardi del 2022 (per il 2023 Biden ne ha chiesti 26), un report del 2005 stimava che un nuovo programma di allunaggio sarebbe costato 104 miliardi di dollari (secondo Business Insider 133 miliardi con l'inflazione del 2019) − non proprio noccioline.
Il budget federale degli USA riservato alla Nasa toccò il massimo nel 1966, quando superò il 4,4% del totale. «Negli ultimi quarant'anni è rimasto al di sotto dell'1%, e negli ultimi quindici è sceso allo 0,4%», spiegava nel 2015 Walter Cunningham, uno degli astronauti dell'Apollo 7.
Politica. Tuttavia i soldi non sono l'unico ostacolo al nostro ritorno sulla Luna: fino ad oggi ogni presidente degli Stati Uniti aveva un obiettivo diverso, e con le elezioni venivano spesso cancellati i progressi fatti in precedenza in ambito spaziale. È successo con Bush, che si è visto cancellare il programma Constellation (che avrebbe voluto riportare l'uomo sulla Luna) dal successore Obama, che a sua volta approvò la creazione del razzo Space Launch System (SLS). Con Trump l'obiettivo è tornato a essere la Luna (e Marte), e questa volta Biden ha continuato sulla scia del predecessore. Questi progetti richiedono molti anni (a volte ben più delle due legislazioni di un presidente), e per questo finiscono spesso in un nulla di fatto.
Rischi. Un ultimo fattore importante di cui tenere conto sono i rischi: negli anni Sessanta ne abbiamo corsi tantissimi, a volte anche incoscientemente.
Ci è andata bene, ma nel 2022 non siamo più disposti a perdere vite umane per tornare sul nostro satellite. All'epoca gli Stati Uniti l'hanno fatto spinti anche dalla voglia di rivalsa sulla Russia, ma anche se nel complesso ricordiamo più i passaggi positivi e le frasi storiche, il viaggio (metaforico e fisico) verso la Luna non è stato privo di intoppi e incidenti.
Pensiamo all'incendio nella rampa di lancio dell'Apollo 1, che uccise tre astronauti; o alla scommessa del primo volo dell'Apollo 4, che venne assemblato sul posto con pezzi prodotti in diverse parti del Paese e fatto volare per la prima volta senza test preventivi (in quel caso fu un successo); o ancora all'esplosione di un serbatoio di ossigeno liquido nell'Apollo 13; per non parlare dell'arrivo di Neil Armostrong sulla Luna, che dovette volare attorno a crateri e rocce per trovare un posto sicuro dove allunare (rimanendo quasi senza carburante).
Negli anni Sessanta l'uomo è arrivato sulla Luna grazie a una combinazione di fortuna, denaro e sete di successo: nel XXI secolo, se ci ritornerà, sarà grazie ai progressi tecnologici, alla collaborazione tra presidenti ed ex presidenti degli Stati Uniti, e a un rigoroso controllo della sicurezza degli astronauti.