Si racconta che negli anni Sessanta la Nasa abbia speso molti milioni di dollari per sviluppare una sofisticata penna spaziale, pur di non utilizzare (o non avendo pensato di utilizzare, nelle versioni più cattive) le matite, in dotazione a costo zero ai rivali sovietici. In realtà, però, le cose andarono diversamente
Agli albori dell'esplorazione spaziale, ancora prima della corsa verso la Luna, per prendere appunti astronauti e cosmonauti utilizzavano semplici matite. Ma le particelle di grafite e di legno, fluttuando in assenza di peso, rischiavano di finire nelle strumentazioni danneggiandole.
La penna con la cartuccia pressurizzata diventò poi lo standard per scrivere a gravità zero
Poi è arrivata la Space Pen, con una cartuccia pressurizzata (per consentire all'inchiostro di fluire anche in assenza di gravità, ndr), sviluppata però da un'azienda privata, la Fisher Pen Company, e non dalla Nasa. Questa diventò lo standard per la scrittura in assenza di gravità, grazie anche alle sue caratteristiche di sicurezza, poiché oltre a poter scrivere in assenza di peso, aveva doti ignifughe ed era a prova di perdita d'inchiostro. Oggi, sulla Stazione Spaziale Internazionale si utilizzano penne Sharpie e matite meccaniche, figlie di quella tecnologia.