Spazio

Nuovi indizi sull’esistenza di un "pianeta X"

La scoperta di un nuovo, piccolo oggetto transnettuniano può aiutarci a capire meglio le regioni più esterne del Sistema Solare.

La scoperta di un nuovo oggetto transnettuniano potrebbe aiutarci a capire meglio le regioni più esterne e misteriose del Sistema Solare, come la Nube di Oort. Questo nuovo corpo planetario, 2012 VP113, orbita attorno al Sole ben al di là dell'orbita di Nettuno. Scoperto nel 2012, si stima che abbia un diametro di 450 km (un po' più piccolo di Vesta). La sua orbita è molto ellittica e si snoda nella Fascia di Kuiper tra 80 e 452 unità astronomiche dal Sole (1 UA equivale alla distanza media Terra-Sole, circa 150.000.000 di chilometri).

Ma la notizia ancora più interessante è che questo piccolo pianeta sembrerebbe indicare la presenza di un nuovo, enorme corpo planetario, con una massa forse 10 volte quella della Terra, un ipotetico "pianeta x" in orbita attorno al Sole alla periferia del nostro sistema planetario. Questo ipotetico nuovo pianeta potrebbe spiegare le caratteristiche orbitali di 2012 VP113 e degli oggetti più distanti finora noti.

La scoperta di 2012 VP113: le foto sono state prese il 5 novembre 2012 a distanza di 2 ore l’una dall'altra. © Scott S. Sheppard, Carnegie Institution for Science

Il nostro sistema planetario può essere suddiviso in tre parti: la prima costituita dai 4 pianeti rocciosi (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e dalla Fascia Principale degli asteroidi; la seconda dai 4 pianeti giganti gassosi (Giove, Saturno, Urano e Nettuno); e infine dagli oggetti transnettuniani, piccoli corpi planetari formati da un miscuglio di ghiacci e roccia che formano la Fascia di Kuiper, che occupa la regione di spazio interplanetario compresa fra 30 e 50 UA dal Sole, e i cui maggiori rappresentanti finora conosciuti sono i pianeti nani Plutone, Eris, Makemake e Haumea.

Oltre questo confine conosciamo poco del Sistema Solare. Agli inizi degli anni '50 fu ipotizzata dall'astronomo olandese Jan Oort l'esistenza di un enorme inviluppo a simmetria sferica formato da corpi ghiacciati, che prese il suo nome (Nube di Oort). L'oggetto planetario più distante finora scoperto (a parte alcune comete a lungo periodo) è Sedna, la cui orbita si spinge sino a quasi 1.000 UA dal Sole per arrivare a una distanza al perielio (la minima distanza dal Sole) di circa 76 UA. 2012 VP113, pur non allontanandosi dal Sole come Sedna (la distanza massima, l'afelio, è di circa 446 UA) è quello che ha il record della maggiore distanza al perielio (80 UA) tra tutti i corpi noti del Sistema Solare.

I corpi planetari di maggiori dimensioni nella Fascia di Kuiper. © Nasa

Sedna fu scoperto nel 2003, ma all'epoca nessuno sapeva se fosse un corpo simile a Plutone oppure facesse parte di una nuova classe di oggetti. Con la scoperta di 2012 VP113, adesso è chiaro che Sedna fa parte della Nube di Oort interna, da dove ha origine anche buona parte delle comete a lungo periodo.

2012 VP113, rilevato la prima volta dal telescopio da 4 metri di apertura dell'osservatorio di Cerro Tololo (Cile), è stato poi studiato dal telescopio Magellan (6,5 metri di diametro), dell'osservatorio di Las Campanas, per determinare la sua orbita e ottenere informazioni riguardo alle proprietà della sua superficie.

Sulla base di valutazioni statistiche, i ricercatori che hanno effettuato la ricerca stimano che circa 900 oggetti con orbite simili a Sedna e 2012 VP113, e grandezze superiori ai 1.000 km, dovrebbero esistere in questa parte interna della Nube di Oort e dovrebbero rappresentare una popolazione la cui massa totale potrebbe essere globalmente maggiore persino rispetto a quella della Fascia di Kuiper e della Cintura Principale di asteroidi.

Alcuni di questi oggetti della Nube di Oort interna potrebbero rivaleggiare in grandezza con pianeti come Marte e la Terra. A causa della loro distanza dal Sole, però, questi ancora ipotetici oggetti sono troppo poco luminosi per essere scoperti con le attuali tecnologie. Sia Sedna che 2012 VP113 sono stati infatti scoperti nel momento in cui si trovavano più vicini al Sole, ma hanno orbite che li spingono fino a centinaia di UA e, benché siano di dimensioni ragguardevoli, sarebbe stato impossibile poterli osservare a distanze superiori di un centinaio di UA. I periodi orbitali di questi oggetti sono lunghissimi. Sedna, per esempio, impiega 12.280 anni a compiere una rivoluzione completa attorno al Sole, mentre 2012 VP113 impiega 4.274 anni.

Lo schema del Sistema Solare esterno e le orbite di Sedna e 2012 VP113, e dell’ipotetico "pianeta x". © Nasa

La similitudine nelle orbite di Sedna, 2012 VP113 e alcuni altri oggetti più esterni della Fascia di Kuiper, fanno intuire la presenza di un oggetto molto massiccio che "spinge" questi oggetti nelle configurazioni orbitali osservate. Una super-Terra o un oggetto ancor più grande, ma distante centinaia di UA dal Sole, potrebbe avere questo effetto sulle orbite di questi oggetti. Non sarà però facile conciliare tutte queste scoperte con le nostre attuali teorie sulla formazione planetaria.

Prima di tutto, non abbiamo ancora un modello che spieghi l'origine di questa regione interna della Nube di Oort. Attualmente, le ipotesi principali sono tre: 1) un pianeta espulso dal Sistema Solare durante l'epoca primordiale della migrazione planetaria potrebbe aver perturbato la Fascia di Kuiper e la Nube di Oort, creando una fascia interna con oggetti in orbite molto ellittiche; 2) un incontro molto ravvicinato (in termini cosmici) con un'altra stella potrebbe aver spinto oggetti della regione esterna della Nube di Oort verso una regione più interna; 3) il Sole è nato in un piccolo ammasso con altre stelle, e forse durante la migrazione di queste ultime la gravità del Sole ha catturato pianeti in formazione attorno ad alcune di queste.

In base alle attuali conoscenze, si pensa che il confine della Nube di Oort si trovi intorno a 1.500 UA dal Sole: un valore limite, così stimato perché da quel punto in poi, verso l'esterno, la gravità di stelle vicine potrebbe perturbare questi oggetti, rendendoli instabili.

L'esistenza di questa nube deriva dalla necessità di giustificare l'esistenza delle comete a lungo periodo, le quali vengono spinte verso le regioni più interne del Sistema Solare da perturbazioni indotte dal passaggio ravvicinato di stelle o nebulose o dagli effetti mareali del piano della nostra Galassia. Ma gli oggetti presenti nella regione interna della Nube di Oort non sarebbero facilmente influenzabili e questo potrebbe contribuire a mantenere stabili orbite planetarie di oggetti più grandi.

31 marzo 2014 Mario Di Martino

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