Alle 19:50 ora italiana del 22 ottobre, la sonda della NASA New Horizons ha riacceso i suoi propulsori a idrazina, completando la prima delle quattro manovre necessarie per raggiungere - nel gennaio del 2019 - la sua prossima destinazione, l’oggetto trans-nettuniano (TNO) 2014 MU69 nella Fascia di Kuiper.
I motori hanno funzionato per 16 minuti incrementando la velocità della sonda di circa 10 m/s. Il segnale di conferma della riuscita della manovra ha raggiunto è stato ricevuto dalla stazione di controllo a Terra dopo poco meno di 6 ore e mezzo. Le prossime manovre sono previste per il 25 e il 28 ottobre e il 4 novembre prossimi. Al termine di queste quattro manovre la velocità della sonda subirà un incremento di quasi 60 m/s (216 km/h).
Il viaggio continua. New Horizons si trova attualmente a oltre 120 milioni di km al di là di Plutone e a più 5 miliardi e 100 milioni di km dalla Terra e sta continuando il suo viaggio verso la periferia del Sistema Solare a una velocità di quasi 15 km/s, circa 52.100 km/h.
Il nuovo obiettivo della sonda americana è un oggetto le cui dimensioni stimate sono di 30-45 km, scoperto nel giugno dello scorso anno dal telescopio spaziale Hubble. Attualmente, MU69 si trova prospetticamente in direzione della costellazione del Sagittario e quindi in prossimità del centro della nostra Galassia, affollatissimo di stelle. Ciò ha complicato non poco le successive osservazioni. È un modo gelido (a queste distanze dal Sole le temperature sono inferiori ai -240 °C) circa 10.000 volte meno massiccio e 100.000 volte meno luminoso di Plutone.
E mentre continua nel suo viaggio, la sonda New Horizons ha trasmesso le prime fotografie ravvicinate di Cerbero - l'ultima delle cinque lune di Plutone ad essere rimasta inesplorata - completando così il ritratto di famiglia dell'ex-nono pianeta del Sistema Solare. Anche questa volta, le sorprese non sono mancate.
Più luminoso e più piccolo del previsto. Il minuscolo satellite risulta essere molto più luminoso e ancor più piccolo di quanto creduto. «Ancora una volta, il sistema di Plutone ci ha sorpresi», commenta Hal Weaver della Johns Hopkins University (Baltimora, USA).
Il ritratto di Cerbero, trasmesso da New Horizons il 20 ottobre, rivela una strana struttura binaria, con un lobo largo circa 8 km e un altro largo 5 km. Una simile struttura bilobata potrebbe essere spiegata dalla fusione di due oggetti distinti, come nel caso del nucleo della cometa di Rosetta. Per ora, comunque, si tratta solo di speculazioni.
La riflettività superficiale (albedo) di Cerbero, pari a circa il 50%, simile a quello degli altri satelliti minori di Plutone, suggerisce che la sua superficie sia ricoperta da ghiaccio d'acqua relativamente puro.
Le immagini ottenute dal telescopio spaziale Hubble avevano permesso di valutare l'influenza gravitazionale di Cerbero sulle altre lune e risalire alla sua massa. A partire da questi dati, ci si aspettava che questo oggetto fosse di maggiori dimensioni rispetto a quello osservato da New Horizons. L'unico scenario che può spiegare l'influenza gravitazionale osservata da Hubble e le dimensioni rilevate da New Horizons è che Cerbero sia insolitamente denso.
«Le nostre previsioni erano quasi perfette per le altre lune minori», commenta Mark Showalter dell'Istituto SETI, «ma non per Cerbero».
Una parentela non ancora confermata. Intanto, sulla base delle prime analisi dei dati inviati finora da New Horizons, risulta che Caronte, la luna maggiore di Plutone, si differenzia per massa di roccia dal pianeta nano di cui è satellite per una percentuale inferiore al 10%, il che suggerisce una non sostanziale differenza fra i due corpi, almeno per quanto concerne la composizione. Plutone e Caronte, che si ritiene si siano formati da uno stesso oggetto disgregato da una gigantesca collisione miliardi di anni fa, non sembrano comunque poter ancora confermare uno stretto legame di parentela.
Una realtà molto variegata. Ma quello che da tre mesi a questa parte abbiamo imparato sul sistema di Plutone non è poco: il pianeta nano mostra una sorprendente varietà di strutture geologiche, dove agisce l’effetto dello scorrimento e della deposizione di ghiacci, crateri da impatto, movimenti tettonici, possibilità di attività criovulcanica. Anche gli altri piccoli oggetti ghiacciati della fascia di Kuiper potrebbero nascondere un turbolento passato simile. La domanda che resta aperta è: come possono questi corpi essere rimasti tanto attivi a miliardi di anni dalla loro formazione e ad una così abissale distanza dal Sole? Una risposta potrà forse darcela la sonda New Horizons con i dati raccolti durante il fly-by dello scorso luglio e con quelli che otterrà nel prosieguo del suo viaggio verso i confini del Sistema Solare.