Sino a poco più di un anno fa la metà circa della superficie di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, era sconosciuta. Adesso, dopo i due fly-by effettuati dalla sonda della NASA MESSENGER (MErcury Surface, Space Environ ment, GEochemistry, and Ranging), abbiamo le immagini di quasi il 90% della superficie del pianeta più piccolo (poco meno di 4.900 km di diametro) del Sistema Solare.
Grazie ai due passaggi ravvicinati della sonda (14 gennaio e 6 ottobre 2008), che entrerà in orbita attorno al pianeta nel marzo 2011, sono state ottenute migliaia di foto ad alta risoluzione, mentre altri strumenti hanno determinato la composizione della tenuissima atmosfera che lo circonda, in cui il magnesio sembra essere uno dei maggiori componenti, ed effettuato misure della sua magnetosfera, che è apparsa completamente differente durante il secondo fly-by, rispetto a quanto osservato nel corso dell’incontro del gennaio 2008.
Rembrandt è il nome dato al secondo, come dimensioni, bacino da impatto conosciuto sulla superficie di Mercurio. È stato scoperto dalla sonda MESSENGER nel corso del fly-by dello scorso 6 ottobre. Il suo diametro è di circa 700 km. La morfologia delle parti interne dell’enorme cratere è unica rispetto a quella delle analoghe strutture presenti sugli altri corpi solidi del Sistema Solare.
Uno dei risultati più eccitanti è stato la scoperta di un grande bacino da impatto, di oltre 700 km di diametro (la distanza che separa Milano da Napoli), che è stato denominato Rembrandt. Questo enorme cratere ha un’età di circa 3,9 miliardi di anni e si formò verso la fine del cosiddetto “periodo di bombardamento pesante” delle regioni interne del Sistema Solare. Sebbene sia così antico, Rembrandt è comunque più giovane degli altri bacini da impatto che caratterizzano la superficie di Mercurio. È la prima volta che è possibile vedere il terreno esposto sul fondo di una gigantesca struttura come questa, nel caso di altri bacini analoghi, infatti, le parti più depresse sono completamente ricoperte da flussi di lava, forse fuoriuscita a seguito degli impatti che li hanno originati.
Le analisi delle immagini di cui disponiamo hanno permesso di stabilire che circa il 40% della sua superficie è occupata da pianure, molto probabilmente di origine vulcanica, che sono distribuite in maniera pressoché uniforme, a differenza di quanto osserviamo sulla Luna, dove esiste una netta asimmetria tra la faccia visibile (dove abbondano i cosiddetti “mari”) e quella nascosta. L’impressione che si ha da ciò che appare da queste analisi preliminari è che la maggior parte della superficie di Mercurio si sia formata a seguito di ripetute eruzioni vulcaniche, in maniera analoga a quanto accaduto su Marte e Venere.